Paragrafo 29. La primavera.

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Paragrafo 29

La primavera.

Vicino a quella stufa Stern si riscaldò parecchie altre volte in quelle ultime settimane d'inverno. Le giornate che trascorsero tra gennaio e marzo passarono più o meno tutte uguali, nella loro monotona follia.

Di giorno Bill recitava il ruolo del dottore in trasferta e di notte quello del compagno di giochi di un sadico folle.

Era riuscito a capire che per restare vivo doveva in tutti i modi mantenere accesa in Stern la speranza che Margaret potesse tornare da un momento all'altro grazie a lui, ma furono molti i momenti di sconforto in cui fu tentato di confessare che lui non avrebbe potuto fare proprio niente per quella Margaret di cui, ormai, iniziava a dubitare anche che fosse mai realmente esistita.

L'unica speranza, gli veniva dalla presenza in quella casa della signora Hutcher, era convinto che prima o poi Stern avrebbe fatto qualche passo falso e la donna si sarebbe finalmente accorta di lui.

In realtà a volte, ascoltando le conversazioni di madre e figlio attraverso le assi di legno del pavimento, gli era sembrato di accorgersi che la madre avesse più di un sentore di qualcosa che non andasse, ma poi alla fine la sentiva sempre dare la buonanotte al figlio con il solito tono amorevole e l'immancabile raccomandazione:

"Ricorda di prendere le gocce Stern... cinque e mai più di cinque..."

Spesso tra di loro aveva notato momenti di tensione e mezze frasi che, non conoscendo all'epoca quello che avrebbe saputo in seguito, gli sembravano solo parole senza senso.

In qualche occasione aveva avuto la tentazione di mettersi ad urlare per chiedere aiuto alla donna, ma il ricordo del fallimento dell'ultimo tentativo di fuga, quello nei pressi della buca che gli era stata scavata su misura, lo dissuadeva immediatamente. Ed ammesso che la donna fosse accorsa in suo aiuto, cosa avrebbe potuto fare contro il suo carceriere tanto grosso quanto pazzo?

Con il passare dei giorni aveva imparato a trattare con Stern e questo gli aveva evitato ulteriori punizioni con il fornello. Stava rispettando alla lettera le regole scritte su quel pezzo di carta ancora appeso dietro la porta.

Ora sapeva bene cosa significava "se sbagli ti bruci".

A proposito di bruciature, quella sulla testa sembrava essersi rimarginata, mentre quella sull'orecchio faceva continuamente infezione e doveva stare molto attento a non farvi accumulare pus all'interno. Perciò era costretto periodicamente a riaprire la ferita per pulirla, nonostante il dolore lancinante.

In compenso, l'osso della gamba fratturata sembrava aver iniziato il processo di ricalcificazione anche se secondo una linea solo immaginaria, si vedeva infatti ad occhio nudo che la gamba era deformata verso l'interno.

Durante i periodici giochi notturni nel bosco, aveva rimediato qualche altra ferita non molto grave fisicamente, ma enormemente debilitante sul piano emotivo e psicologico.

Ormai lo schema si ripeteva sempre uguale.

Stern lo portava sul punto di impazzire per la paura, ce lo faceva restare per un bel po' e poi quasi annoiato se lo riportava a casa, sempre più morto che vivo e la maggior parte delle volte in spalla come un magro bottino di caccia.

Ai primi di marzo la primavera si era già presentata con insolito anticipo per quelle zone di montagna, accompagnata da un vento caldo persistente e intenso che aveva favorito le fioriture precoci e le impollinazioni fuori stagione. La neve e il ghiaccio sembravano solo un ricordo lontano messo da parte dall'entusiasmo con cui la natura rinasceva puntuale come ogni anno, anzi in anticipo questa volta.

Quella montagna era uno spettacolo tra il verde degli abeti e i riflessi argentei del lago ed era resa ancora più magica da quella tonalità particolarmente brillante che la luce del giorno assume in primavera. Nelle ore più calde della giornata si poteva respirare l'odore della resina ammorbidita dai raggi del sole e il profumo del muschio che in penombra lasciava andare l'umidità trattenuta durante le ore notturne. E anche le notti sembravano meno cupe, precedute da quegli infuocati tramonti di montagna che restano impressi per ore anche dopo che il sole si è nascosto cinicamente dietro l'orizzonte.

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