Paragrafo 24
Errore.
Giorno 8
Verso mezzogiorno finì l'effetto della morfina e sotto la luce artificiale della lampadina in soffitta Bill si svegliò, insieme alla sua gamba. I leggeri rumori prodotti dai suoi limitati movimenti, furono sufficienti ad avvisare Stern, che non perse tempo e si precipitò da lui, spalancando la botola, come un paziente da lungo tempo in attesa dietro la porta.
"Buongiorno dottore, spero di non essere in ritardo."
Aveva gli occhi da fuori, la barba incolta e la voce di chi si trova in un forte stato di agitazione. In quella condizione di profondo turbamento era ancora più inquietante del solito. Aspettava una parola di assenso dal suo dottore di fiducia come un assetato nel deserto aspetta la pioggia che non arriva. Bill rimase spiazzato, ma decise che valeva comunque la pena riprovarci. Del resto, rifiutare quel gioco poteva esporlo nuovamente al rischio di sperimentare qualche diversa forma di pazzia di quel complesso psicopatico.
"Niente affatto signor Hutcher, puntuale come al solito, si accomodi pure."
"Grazie dottore, mamma sta ancora dormendo e sono dovuto venire da solo, temevo di aver fatto tardi... non sono molto bravo a leggere l'orologio con le lancette..."
"Allora, riprendiamo la nostra seduta dalla scomparsa di Margareth..."
Al solo sentir pronunciare quel nome Stern passò da uno stato di forte agitazione ad una condizione quasi ipnotica, come se si fosse fatto carico del peso di quella casa di legno e dell'intera montagna. Abbassò la testa in atteggiamento di rassegnazione ed iniziò a raccontare a ruota libera con lo sguardo rivolto alla punta dei suoi scarponi da montagna. Bill respirò con sollievo, l'attacco era andato bene, ora doveva solo stare attento a dirigere con altrettanta maestria l'intera orchestra fino alla fine del pezzo. Un movimento sbagliato e in quell'enorme testa di fronte a lui gli archi avrebbero urtato gli ottoni che a loro volta si sarebbero abbattuti sulle percussioni che ineluttabilmente avrebbero soffocato i fiati e a quel punto addio musica.
"Quando Margareth è sparita l'ho cercata dappertutto, per giorni, settimane, mesi. Nel bosco, intorno al lago, anche nei dirupi che stanno a nord, ma non c'era traccia di lei. Le lasciavo sempre qualcosa da mangiare fuori alla porta sotto alla tettoia sperando che tornasse almeno per mangiare, ma niente."
Si interruppe con espressione assente.
"Capitava spesso che uscisse da sola?"
"Bè...no!!! Lei senza di me non andava da nessuna parte... stavamo sempre insieme..."
"Capisco. Aveva qualche motivo per allontanarsi?"
"No!!! pensavo a tutto io, non le ho mai fatto mancare nulla."
"E tu che idea ti sei fatto? Perchè è sparita?"
"Non lo so, da quando è andata via me lo sono chiesto tutti i giorni e non dormivo più, anche la notte pensavo a lei. Poi mamma mi ha detto che l'unico che poteva farla tornare era un dottore bravo di nome Bill Stapleton, ed eccoci qua."
Sorrise in modo strano, quasi imbarazzato per il disastro che ricordava di aver fatto solo poche sere prima nello studio di Bill.
"La mamma lo diceva sempre che ci voleva uno bravo con me. E diceva sempre che tu eri il migliore in città. Però quando mamma venne allo studio da te, le dicesti che curavi solo i bambini ed io non lo ero più da un pezzo ormai. Ma mamma continuava a dire che tu eri l'unico che avrebbe potuto far tornare tutto come prima. Allora ho fatto in modo che ti liberassi un po' dai tuoi impegni con tutti quei bambini ed ora che sei meno indaffarato sono il tuo paziente numero uno..."
"Ecco. Quindi tu pensi che io possa ridarti Margaret perchè così ti ha detto la mamma, giusto?" riassunse con un filo di voce il dott. Stapleton.
"Certo, mia madre non mente mai."
"Ok Stern e dimmi un po', mamma era contenta quando hai sposato Margaret?"
"Mmm... all'inizio... cioè... ehm... non l'ha saputo subito che io e Margaret... poi l'ha scoperto, cioè... l'ha saputo."
"In che senso non l'ha scoperto subito?"
Stern a questa domanda non avrebbe mai risposto, ma Bill non poteva ancora saperlo e così si vide scivolare di mano il filo con l'intera matassa. Il pazzo si alzò di scatto e ritornò ad indossare quella maschera da carceriere inflessibile che fissava con odio profondo il suo prigioniero. Iniziò a respirare di nuovo pesantemente e velocemente, poi infilò ancora una volta la spina del fornellino nella presa della corrente e in attesa che si riscaldasse, incollò il nastro sulla bocca di Bill che ormai conosceva la punizione e sapeva che sarebbe stata questione di secondi... centoventi per l'esattezza.
Due minuti di panico paralizzante, in attesa che si scaldasse la resistenza.
Prima che il dottore potesse avere il tempo di giocarsi la domanda di riserva, gli si avvicinò e gli tenne il disco di ghisa incandescente premuto al centro della testa. La soffitta, in un attimo, si riempì di odore di capelli bruciati e pelle arrostita. Bill agitava le braccia ed emetteva dei gemiti acuti, come una marionetta manovrata da un bimbo inesperto, ma il burattinaio alle sue spalle non si scompose minimamente e portò a termine il suo lavoro fino a quando ritenne che poteva bastare.
Poi scese in camera sua al piano di sotto lasciando la botola aperta, probabilmente per godersi il profumo del capolavoro appena sfornato, si stese sul letto e nello stesso istante in cui poggiò la testa sul cuscino potè sentire il rumore della testa di Bill che cadeva a peso morto sul tavolato in legno della soffitta sopra di lui.
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La Casa di Legno
Misteri / ThrillerUn racconto a tinte scure, non adatto ai minori e ai soggetti particolarmente impressionabili. Una storia sospesa, con varie chiavi di lettura, in cui il confine tra il bene e il male è evanescente come il ricordo di un brutto sogno.