Paragrafo 14. Tirocinanti.

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Paragrafo 14.

Tirocinanti.

DIPARTIMENTO DI IGIENE MENTALE – OSPEDALE CITTADINO DI...

Al terzo piano del reparto di psicopatologia clinica, alle 9:35 del mattino, due giovani dottoresse avevano appena strisciato il loro badge nell'orologio marcatempo. Dopo il doppio beep in rapida sequenza, si diressero verso lo spogliatoio riservato al personale femminile, indossarono il camice bianco ed iniziarono la loro giornata di tirocinio presso il noto ospedale cittadino.

Prima di dedicarsi alle attività del giorno, fecero la consueta pausa presso il distributore di caffè in attesa che si avviassero i vecchi computer scartati dai dottori più anziani per la loro lentezza, che inesorabilmente finivano sulle postazioni degli ultimi arrivati.

"Ann, hai già visto il programma di oggi?"

"Non ne ho avuto il tempo, ho posato la borsa in ufficio e dato la scintilla a quello scatolone sulla mia scrivania. Parlano tanto di efficienza e poi ci danno pc che ci mettono venti minuti solo per avviarsi ogni mattina..."

"Infatti. E la cosa ancora più umiliante è che dopo anni di studio e specializzazione universitaria, ci tocca andare in giro a fare le visite domiciliari con al collo questi cartellini compilati a penna e nemmeno plastificati..."

"Mah, non so che dirti Ross, per fortuna che quest'anno di tirocinio è poco più di una formalità. Dopo l'abilitazione, finalmente potremo gestirci il lavoro a modo nostro."

"Comunque, giusto per renderti più gradevole la prospettiva di questa giornata, ti dico che ho dato un'occhiata al nostro ordine di servizio ed ho visto che il Direttore ci ha assegnato una domiciliare in un posto sperduto fuori dal mondo, in montagna e a più di due ore e mezzo di macchina da qui. Ci dovremo andare con l'auto di servizio del dipartimento. Ovviamente non una di quelle blu che sono in garage, ma una di quelle bianche che risalgono all'epoca in cui l'ospedale ancora non aveva il nome attuale e che stanno a marcire all'aperto nel cortile."

"Vuoi dire che viaggeremo su uno di quei catorci di latta con la scritta Ospedale Cittadino di - - - -, con gli adesivi delle lettere mancanti?"

"Esatto! E le buone notizie non finiscono qui. Con noi ci sarà anche il sergente Rodriguez del dipartimento di Polizia. Pare che il nostro paziente sia stato inserito nella lista dei brutti e cattivi. Per cui ci serve la balia."

"Immagino... Avrà risposto male al solito questionario di dieci domande che gli ha sottoposto qualcuno prima di noi chissà quanti anni fa."

Risero. Con superficialità.

"Ti prego Ross, dimmi almeno che Rodriguez è quello spagnolo tutto muscoli e accento latino."

"Spiacente Ann, Rodriguez è quello che al dipartimento non vogliono tenere mai in ufficio perchè suda troppo anche in pieno inverno."

Risero di nuovo. Ancora con superficialità.

Parlarono del più e del meno per qualche altro minuto sorseggiando il loro caffè bollente. Poi un dottore più anziano passò con passo spedito nel corridoio e rivolse loro un'occhiata tra il disprezzo e il rimprovero. Tornarono nell'ufficio riservato ai tirocinanti e aspettando che il monitor davanti a loro prendesse colore, si sistemarono il trucco e i capelli passandosi di mano uno specchio da borsetta.

Alle dieci e un quarto stamparono le schede di servizio dei pazienti che avrebbero dovuto incontrare quel giorno e le ordinarono in base al programma di visite.

Al primo posto della lista c'era la cartellina del paziente Stern Hutcher.

Le schede venivano scannerizzate al rientro da ogni visita e su quella di Stern c'erano numerose annotazioni a matita che erano state lasciate nel corso dei vari incontri a cadenza annuale che il dipartimento era obbligato a somministrare ai cittadini come lui inseriti nell'elenco redatto dal Ministero. Erano molte tessere di un puzzle, sparse su un semplice foglio A4, ma le due tirocinanti quella mattina avevano altro a cui pensare e mentre la stampante ad aghi terminava il suo lavoro, ripresero le conversazioni che avevano lasciato in sospeso sull'app di messagistica con i rispettivi partner. Quando terminò la stampa delle schede, Ann e Ross avvisarono telefonicamente le famiglie dei pazienti che avrebbero dovuto incontrare quel giorno, preannunciando il loro arrivo. In caso di ritardo li avrebbero avvertiti per strada con il cellulare. Solo la famiglia Hutcher non aveva un recapito di cellulare. Sulla cartellina del paziente Stern Hutcher c'era un appunto evidenziato in giallo: "niente rete mobile nei dintorni – telefonare solo da ufficio". Questo particolare rese ancora più insopportabile per le due giovani dottoresse quella visita fuori dal mondo, senza segnale satellitare avrebbero dovuto rinunciare per qualche ora ai social.

Alle undici e mezza, dalla portineria dell'ospedale, furono avvisate che il sergente Rodriguez le stava aspettando all'ingresso. Misero il computer in standby e presero l'ascensore dirette al piano terra.

"Buongiorno dottoresse, che onore per me. Oggi non una ma due dottoresse e per di più una più affascinante dell'altra."

"Buongiorno sergente Rodriguez, oggi ci aspetta una giornata molto lunga, mettiamoci in marcia e non perdiamoci in chiacchiere."

"E' un vero peccato che il regolamento della Polizia non vi consenta di venire in auto con me. Vi farò strada. Seguite la mia scia..."

Le due ragazze salirono a bordo della loro auto di servizio con aria schizzinosa e si misero nella scia della volante. Allontanandosi dal parcheggio dell'ospedale, notarono l'addetta alla reception che spalancava con solerzia tutte le finestre e le porte a vetro, nonostante fosse una fredda giornata invernale.

"Ad ogni scia il suo destino..." pensò Ross ad alta voce e si misero a ridere entrambe.

Ann innestò a fatica la prima, quasi le faceva senso toccare il pomello di legno unto e scorticato del cambio, accese l'autoradio e iniziò a canticchiare il primo motivetto che veniva trasmesso in quel momento. Ross invece era assorta nei suoi pensieri "... belle sì, ma a quel prezzo ne compro dieci di paia di scarpe non di marca... però... potrei chiedere a Mike per il mio compleanno... ma non vorrei passare per una tipa troppo venale... oh ma sì chi se ne importa, si vive una volta sola..."

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