Paragrafo 12. La colazione.

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Paragrafo 12.

La colazione.

GIORNO 2.

In cucina era l'alba e la donna stava preparando la colazione per sé e per suo figlio come tutte le mattine. Aveva quasi settant'anni ma la tempra di una cinquantenne in ottima salute. Alta, i capelli grigi raccolti in un codino ordinato, il portamento elegante e una corporatura talmente esile, da far sembrare quasi impossibile che avesse potuto mettere al mondo un individuo che alla soglia dei quarant'anni era arrivato a pesare oltre centotrenta chili pur considerando il suo metro e novanta quasi di altezza. Il fatto che fosse già in cucina significava che aveva già dedicato la prima ora della giornata, dopo il risveglio, alla preghiera e alla meditazione sui numerosi passi della Bibbia che ricordava a memoria.

Appena sveglia, dopo aver provveduto alla pulizia del corpo, accendeva qualche bastoncino d'incenso e si dedicava alla purificazione dello spirito.

Non erano rare le volte che Stern passando nel corridoio aveva sentito la madre intonare canti liturgici con fervore e devozione. Di solito, dopo questa sua routine mattutina, scendeva in cucina in uno stato quasi di grazia e si metteva all'opera per soddisfare i bisogni più biecamente materiali del corpo.

Quella mattina però, qualcosa turbava la sua serafica imperturbabilità. I movimenti erano nervosi. I primi raggi di sole che filtravano attraverso i vetri e che lei riusciva a percepire nonostante la cecità sentendone il calore sulla pelle, non riuscirono a farla sentire in pace con il mondo come sempre le capitava nelle belle giornate invernali. Strinse il coltello, con cui stava spalmando la marmellata sui biscotti per Stern, talmente forte da frantumarli in tanti pezzetti irregolari. Se fosse stata una semplice distrazione, glieli avrebbe preparati di nuovo, invece li lasciò così, come tanti residuati bellici sparsi in quel piatto di porcellana scheggiata. Le uova che il figlio mangiava sempre ben cotte, le lasciò quasi crude incollate sul fondo della padella poggiata sui fornelli spenti, senza neanche servirgliele a tavola come suo solito. Dalla caffettiera prese il suo caffè e poi lasciò che la vecchia macchinetta di acciaio si abbattesse facendo gocciolare quello di Stern sulle ante dei mobili della cucina, senza preoccuparsi minimamente di ripulire e di rifarne dell'altro.

Intanto, dalle scale sentì i passi pesanti del figlio che si era appena svegliato e stava scendendo a fare colazione. Si asciugò le mani sul grembiule che aveva allacciato in vita e si girò verso la finestra dando le spalle al tavolo.

"Buongiorno ma'". Lei non rispose.

"Tutto bene ma'?". Niente.

Stern prese la tazza che normalmente trovava piena di caffè sulla tavola al posto dove sedeva lui e notò che era vuota, poi vide i biscotti frantumati e i resti della colazione che la madre aveva appena terminato. Si accorse che non lo aveva aspettato come solitamente faceva. Capì che qualcosa non andava. Si avvicinò a lei e le mise una mano sulla spalla con premura.

La donna si voltò scattando come una molla, si tolse gli occhiali scuri che normalmente portava per coprire le ferite agli occhi e urlò con tutta la forza di cui era capace: "sono cieca!!! Non sono stupida!!! L'hai fatto di nuovo!!! Stanotte sei uscito ancora una volta!!!"

Evidentemente il pavimento bagnato in soggiorno e le foglie marce lasciate sulle scale erano stati indizi sufficienti ad allertare l'istinto materno.

"No ma', te lo giuro."

"Non mentire! Non mentire! Non men..." non finì nemmeno la frase che improvvisamente afferrò il bicchiere che aveva a portata di mano e lo ruppe sul grosso cranio di Stern, che sul momento quasi non si accorse del colpo.

Poi lui iniziò a vedere il sangue che gli scorreva davanti all'occhio sinistro appannandogli la vista e indietreggiò lasciando la spalla della madre.

Aldilà del sangue, quello che più lo impressionò fu rivedere le ferite sugli occhi della donna che per la rabbia si era tolta quei piccoli occhiali scuri che normalmente indossava. Qualcosa di molto caldo aveva praticamente fuso i bulbi oculari facendoli rientrare all'interno della cavità orbitale e le palpebre si erano come saldate su questa superficie concava. Il colore della ferita era di un rosso tenue nonostante fosse passato molto tempo dall'incidente.

"Vatti a pulire e sali in camera tua."

Stern senza dire una parola, prese il piatto con i biscotti e salì nella sua stanza con la testa bassa lasciando lievi tracce di sangue lungo tutto il percorso.

Una volta richiusa la porta a chiave, si mise con una sedia davanti alla finestra e mangiò quei pezzi di biscotti con la marmellata gettando un'occhiata prima a Bill che dormiva sul pavimento e poi in lontananza al lago e ai boschi ricoperti di neve tutt'intorno. Era assorto nei suoi ragionamenti e nemmeno il gusto ferroso del sangue che si mischiava alla marmellata sembrò distoglierlo dal flusso impetuoso dei suoi pensieri. Un treno di nubi oscurò il sole, fino a rendere il cielo grigio come la lamiera opaca di un guardrail infinito.

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