Paragrafo 10. Le regole.

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Paragrafo 10.

Le regole.

Dopo aver ingoiato l'ultimo trancio di spezzatino, Stern si alzò in silenzio ed entrò nel piccolo bagnetto che c'era in camera.

Bill, dai rumori che provenivano da lì dentro, se lo immaginò ad armeggiare con qualcosa, come se stesse cercando un oggetto all'interno di una scatola piena di cianfrusaglie. Poi lo sentì sciacquare il piatto sotto l'acqua corrente. Quando uscì, tornò col piatto che ancora sgocciolava in una mano e un oggetto nell'altra. Era uno di quei fornellini elettrici che si usavano negli uffici per fare il caffè, prima che le macchinette con le cialde rubassero la poesia anche a quel momento di pausa tra colleghi. Aveva la base quadrata di porcellana e una resistenza rotonda di ghisa a forma di disco che diventando incandescente faceva bollire il caffè o poteva essere usata per scaldare qualche piccola vivanda. Lo appoggiò sul davanzale della finestra e lo collegò alla corrente nella presa lì sotto. All'inizio si sentì una puzza acre per la polvere che insieme al grasso si era incrostata sulla base di ghisa, evidentemente non veniva usato da un pezzo, poi si diffuse nell'aria una puzza, come di arrosto bruciato, quando Stern ci appoggiò sopra la sua forchetta ancora sporca dei residui di cibo. Resti di spezzatino e patate che friggevano sulla ghisa bollente. Bill pensò che fosse stata una distrazione. Intanto lo vide mettersi all'opera con il foglio e la matita che lo tennero impegnato per più di un quarto d'ora abbondante.

Quando ebbe finito, si voltò verso l'uomo steso sul pavimento, quasi sorpreso di trovarlo ancora lì, lo rimise in piedi con tutta la sedia alzandolo per le spalle con le sue grosse mani e siccome la musica classica proveniente dal piano di sotto era ad alto volume, dovette alzare la voce per potergli dire: "queste sono le tue regole Bill."

Contemporaneamente con aria soddisfatta gli mostrò un foglio pieno di cancellature e correzioni dove si poteva leggere:

"REGOLE PER BILL STAPLETON:

1 NON SCAPPARE NON TENTARE DI SCAPPARE.

2 NON FAR SCOPRIRE ALLA MAMMA CHE SEI QUI.

3 QUANDO STERN NON C'E' BILL LO ASPETTA LEGATO IN SOFFITTA.

4 NON FAR RUMORE E NON PARLARE A VOCE ALTA GRIDARE (BILL PUO' GRIDARE SOLO QUANDO STERN GLI HA MESSO IL NASTRO).

5 GIOCARE CON STERN QUANDO FUORI E' BUIO.

6 BILL PUO' ANDARE VIA QUANDO MARGARET TORNA TORNERA'.

P. S.

OGNI VOLTA CHE BILL NON RISPETTA LE REGOLE, VERRA' TAGLIATO BRUCIATO MA SOLO DOPO CHE STERN GLI AVRA' MESSO IL NASTRO."

Quando ebbe la certezza che Bill avesse letto tutto, prese il foglio e lo fissò alla porta di legno della camera, usando un chiodo che già era lì. Bill, ancora incredulo, vide il foglio oscillare a destra e a sinistra mantenendosi quasi in equilibrio sulla testa di quel chiodo sporgente. Poi iniziò a tremare, ora aveva la certezza di avere a che fare con uno psicopatico di quelli della peggiore specie che finora aveva conosciuto solo ai tempi dell'università attraverso le lezioni e i seminari di studio. Guardò istintivamente verso la finestra che in quel momento rappresentava simbolicamente per lui l'unica via di fuga, anche se era sbarrata dalle grate metalliche all'esterno, ma la sua mente non considerò questo aspetto, (sopraffatta dall'istinto di sopravvivenza) e il suo sguardo si posò sul disco di ghisa del fornellino, che intanto si era fatto incandescente insieme alla forchetta che era rimasta appoggiata lì sopra. Stern incrociò il suo sguardo e provò piacere ad immaginare di sapere a cosa stesse pensando. Ritirò la mano all'interno del polsino del suo maglione per non scottarsi e con le dita coperte dal tessuto pesante della maglia, prese la forchetta tenendola alzata come se fosse un delicato strumento di laboratorio. Si avvicinò a Bill fino a fargli sentire il calore del metallo incandescente della forchetta sul viso. Bill chiuse gli occhi pensando di non riuscire a sopportare la vista di quello che stava per fargli, ma lui gli strinse la mano libera intorno alla gola e urlò:

"apri gli occhi dottore! Subito!"

Bill obbedì e lo sentì farfugliare con tono delirante: "Stern è stato cattivo prima, ha fatto arrabbiare la mamma", poi lo vide avvicinarsi la forchetta rovente alle labbra grassose e tenercela premuta a lungo prima di lanciare un urlo disumano.

Al piano di sotto, nello stesso momento, il volume della aumentò.

A pochi centimetri dal suo naso, Bill avvertì distintamente l'odore acre di pelle bruciata che si aggiungeva al tanfo insopportabile di quel buco. Aveva ancora dinanzi agli occhi l'immagine della carne rossa che sfrigolava viva sotto il metallo incandescente, quando vide l'orco tornare dal bagno con della crema bianca sulle labbra. Come se niente fosse successo.

"Bill, se mi prometti di fare il bravo ti tolgo il nastro. Fai sì con la testa se vuoi" gli propose, biascicando le parole come se avesse un herpes gigante sulla bocca.

Ancora stordito, Bill ovviamente acconsentì misurando bene i movimenti del collo questa volta.

Quasi rincuorato, Stern prese un taglierino dal cassetto della scrivania e tagliò di netto il nastro adesivo che impediva al dott. Stapleton di aprire la bocca. Maneggiando la lama, gli procurò inavvertitamente un piccolo graffio all'altezza del naso. Ne fu quasi costernato, si avvicinò per guardare meglio, poi fece un gesto con la mano come per dire che si trattava solo di una sciocchezza. Togliendogli il nastro, gli strappò inavvertitamente delle ciocche di capelli dalla nuca e questo sì che fece male a Bill, ma lui sembrò non preoccuparsene affatto, nonostante le lacrime che vide scorrere di riflesso sul viso terrorizzato dell'uomo.

A questo gesto liberatorio però non seguì il sollievo che Bill Stapleton si sarebbe aspettato. All'inizio sentì solo un forte bruciore sulle guance dovuto allo strappo improvviso del nastro, poi provò a muovere la bocca, ma sentiva delle fitte nelle labbra come se avesse migliaia di schegge di vetro conficcate nei tessuti molli.

Iniziò a sentire una sensazione di formicolio nella parte del viso sopra la bocca, tra il naso e il labbro superiore, come quando si mettono le mani ghiacciate sotto l'acqua bollente e si trovò stupidamente a pensare ai baffi che portava da giovane ai tempi dell'università e che la moglie gli aveva fatto tagliare subito dopo il matrimonio.

Stern lo guardava con ansia come un invasato in attesa del responso dinanzi al suo oracolo. Pendeva letteralmente dalle sue labbra martoriate che lui provò a muovere in maniera sconnessa e incontrollata, ma l'unico suono che riuscì a produrre fu solo qualcosa di simile ad "acqua".

Purtroppo la versione cattiva del premuroso badante, non fu affatto contenta di questa risposta, chissà cosa si aspettava, anzi si irritò. Iniziò a respirare più velocemente, quasi rantolava per la rabbia, poi lo afferrò per la parte di corda che gli passava dietro la schiena e lo trascinò con tutta la sedia nel piccolo bagno.

Qui, davanti al lavandino di porcellana ingiallita e incrostata, lo prese per i capelli e gli spinse la testa con violenza sotto al rubinetto di metallo arrugginito. Aprì l'acqua e Bill vide scorrere sul fondo verso lo scarico, in un mulinello rossastro, il sangue del sopracciglio sinistro che gli si era appena spaccato sbattendo contro il metallo spigoloso. Inclinando la testa in modo da rivolgere il naso verso il basso per non soffocare, dimenticò per un istante i dolori al collo e riuscì a bere avidamente.

Acqua e sangue.

"...il sangue è composto da acqua, sali minerali, proteine, globuli bianchi, globuli rossi e piastrine...", tornò con la mente all'aula di istologia dove aveva conosciuto sua moglie Rose al quarto anno di medicina.

Da bravo psicologo interpretò questa associazione di idee come un segnale inequivocabile.

Aveva deciso di voler sopravvivere.

Quello fu l'unico sollievo che per quel giorno gli fu concesso dalla sorte, dal destino, o forse da quel Dio a cui l'uomo di scienza Bill Stapleton non aveva mai seriamente pensato... almeno prima di allora.

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