Paragrafo 23. La colazione.

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Paragrafo 23

La colazione.

La sveglia di Bob Jhonson era regolata sulle 5:00, nonostante la sera precedente fosse andato a letto ben oltre la mezzanotte per finire di caricare le ultime cose in auto. Come tutte le notti che precedevano una partenza, non aveva dormito granchè ed aveva fissato gli occhi sbarrati sui led rossi dell'orologio sul comodino alle 2:37, alle 3:14 e alle 4:23 fino a quando alle 4:40 aveva deciso di scendere dal letto e andare in cucina a prepararsi un caffè.

Lucy, che dormiva accanto a lui, si era girata di spalle e si era arrotolata nella parte di piumone di Bob, continuando a russare come se non ci fosse un domani e soprattutto una sveglia di lì a pochi minuti.

Bob accese la macchinetta del caffè prima di accendere il neon della cucina e in attesa che si scaldasse andò in bagno a sciacquarsi gli occhi. Il primo getto di acqua che uscì dal rubinetto era ghiacciato, mormorò qualcosa sulla caldaia che era da sostituire perchè non reggeva più le gelate notturne ed istintivamente rivolse uno sguardo speranzoso al cielo attraverso la finestra del bagno. Come capita probabilmente alla maggior parte delle persone, anche Bob credeva alle previsioni meteo solo quando erano a lui favorevoli, bollandole in caso contrario come qualcosa di poco distante dalla stregoneria o giù di lì. La signorina in televisione la sera prima aveva previsto cielo sereno e temperature nella norma per i prossimi tre o quattro giorni successivi e Bob le aveva creduto sulla parola, sicuramente incoraggiato dall'abbigliamento praticamente estivo con cui si era presentata ai suoi telespettatori. Ed infatti, aldilà della tendina sulla finestra del bagno, l'alba offriva uno spettacolo indubbiamente incoraggiante, un cielo a tinta unita tendente al celeste e solo qualche macchia di umidità in dissolvenza. Insomma, una di quelle giornate da cui ci si aspetta solo buone notizie, o se proprio ne arrivano di cattive, si fa meno fatica a farle passare per buone, o quasi.

Tornò in cucina e si scaldò le mani intorno alla tazza di caffè bollente prima di iniziare a sorseggiarlo seduto sullo sgabello del bancone che dava sul cortile oltre la veranda. Tra il vapore del caffè e le tendine trasparenti della porta a vetro si fermò ad osservare la loro station wagon rossa carica fino all'inverosimile per il campeggio invernale, eppure aveva la solita sensazione di aver dimenticato di prendere ancora qualcosa. Iniziò a ripassare mentalmente l'elenco di cose da portare e si lasciò andare a fantasticare su come avrebbe sorpreso i suoi ragazzi, Dylan e Samuel, con attività che loro nemmeno immaginavano che esistessero aldilà di uno schermo da quattro pollici di un tablet o di un cellulare. Mentre era immerso nei suoi pensieri, sobbalzò sulla sedia quando sentì la sveglia gracchiare con voce stonata al piano di sopra e sorrise sentendo il tonfo sul pavimento. Sicuramente Lucy, che non era abituata a quelle levatacce e ad una sveglia diversa dalla melodia della Primavera di Vivaldi del suo telefonino, era saltata giù dal letto immaginandosi nel pieno di un'emergenza incendio o di una calamità annunciata da una sirena così stridula. Bob stava ancora ridendo immaginandosela con i capelli sconvolti e il viso terrorizzato, quando se la vide arrivare in cucina strofinando le pantofole sul pavimento con gli occhi più chiusi che aperti.

"Buongiorno amore..."

Lei neanche rispose e andò dritta in bagno, scostò la tendina dal vetro sperando di vedere un cielo nero e lampi in lontananza, ma rimase delusa, si stropicciò gli occhi con le mani e riprovò a guardare fuori in tutte le direzioni, ma nessuna nuvola e nemmeno un po' di vento le lasciarono sperare che quel week end sarebbero rimasti a casa. Si strinse la cintura della vestaglia di pile intorno alla vita e si lasciò cadere delusa e infreddolita sulla cesta dei panni sporchi. Quando rientrò in cucina, Bob le andò incontro con una tazza di caffè fumante tra le mani e un sorriso a quarantotto denti, lei prese il caffè e si mise a berlo in piedi vicino alla porta a vetri:

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