Paragrafo 13.
Il grido.
Era quasi mezzogiorno quando Bill Stapleton iniziò a riprendere conoscenza. Dovette aprire e chiudere due o tre volte gli occhi per mettere a fuoco l'immagine della parete di fronte a lui, interamente ricoperta di fotografie di quella donna dai capelli rossi, e di croci nere verniciate in modo grossolano. Dalla sua posizione supina sulla moquette, riusciva a vedere il cielo attraverso la finestra nell'angolo sopra la spalla di quell'enorme statua in carne ed ossa che nella sua insensata violenza aveva avuto la premura di coprirlo con una coperta di lana, ruvida ma calda. Il cielo ora appariva di un azzurro così intenso e profondo da incutere quasi timore per il senso di immensità che lo collegava al resto dell'universo infinito. La sua mente ci mise poco a rientrare nell'incubo da cui era uscita solo grazie alle gocce che inconsapevolmente aveva buttato giù. Il dolore, suo fido compagno di avventura, gli diede il buongiorno e gli suggerì che nonostante il sole fosse alto nel cielo e il grido del barbagianni soltanto un inquietante ricordo sparito insieme alla notte appena trascorsa, per lui quella non sarebbe stata propriamente una "bella" giornata.
Sentiva un rumore di sottofondo rimbombargli confuso nelle orecchie, lo attribuì allo stato confusionale dovuto alla situazione di stress a cui era sottoposto ormai da più di un giorno. Poi, sfruttando la sua aderenza al pavimento, poggiò l'orecchio sul tessuto che ricopriva le assi di legno e riconobbe una voce.
Una voce di donna.
Il senso delle frasi sembrava inizialmente incomprensibile, ma evadendo per un attimo dalla prigione del dolore che catalizzava tutta la sua attenzione, riuscì a percepire chiaramente che si trattava di una donna che stava pregando.
"...lava me ab iniquitate mea et a peccato meo munda me..."
Bill non era mai stato quello che tecnicamente si può definire un cristiano cattolico osservante e praticante, ma nel corso di latino alle superiori si era sempre distinto con ottimi voti. Era una preghiera di penitenza che per lui si trasformò in un inno di speranza.
La scoperta che in quella casa fuori dal mondo, insieme a lui e a quello psicopatico ci fosse un'altra persona, fu in quel momento il più potente anestetico che avesse mai potuto desiderare.
Questa buona ed inaspettata notizia aprì uno squarcio nella sua cupa disperazione e lo lasciò alle prese col dubbio su come attirare l'attenzione di quella donna per farle sapere che lui stava di sopra, in camera di quel folle, probabilmente ad un passo dalla morte.
Si stava chiedendo se avrebbe avuto la forza necessaria a gridare attraverso il pavimento di legno per farsi sentire da lei, iniziò a respirare più profondamente per fare scorta di ossigeno, sapeva che quel grido sarebbe stata la sua unica pallottola da usare con criterio. Non avrebbe potuto permettersi il lusso di farne un secondo probabilmente.
Si figurò la scena successiva e immaginò che si sarebbe trattato quasi sicuramente di una gara tra il folle e la donna, a chi lo avrebbe raggiunto prima, tra la vita e la morte.
Ingoiò quanta più aria riuscì a mandare giù, poi la lasciò uscire lentamente. Si sentiva pronto. La prova gli era sembrata buona. Ora doveva solo ingoiare la saliva impastata di sangue che aveva in bocca dalla sera prima e staccare la lingua secca dal palato per scandire quelle cinque lettere della parola AIUTO. Ingoiò una prima volta, poi forse per la paura, qualcosa andò storto, il respiro fu spezzato da un frammento solido che aveva in bocca e gli andò di traverso. Forse polvere. Iniziò a tossire per non soffocare. Stern si girò di scatto, come se si fosse risvegliato di colpo dal letargo e lo guardò. Bill si sentì morire, non per l'ossigeno che gli mancava ma per la speranza che aveva appena visto evaporare come neve al sole.
L'ombra dell'uomo alla finestra si fece sempre più corta come il respiro di quello sul pavimento. Poi quello grosso abbandonò i suoi pensieri e quello piccolo i suoi sogni di gloria. Bill sentì Stern aprire la cassapanca sotto la finestra e lo vide estrarre una matassa di corda. Quando la srotolò capì che si trattava di un'amaca. Da piccolo diverse volte ne aveva usata una in campeggio o nei suoi pic-nic in montagna. Si ritrovò a ricordare quei momenti felici, gli apparvero i volti dei suoi compagni dell'epoca che aveva quasi dimenticato e gli sembrò di sentire le risate che si facevano quando qualcuno di loro, cercando di salire a bordo dell'amaca troppo impetuosamente, rotolava a testa in giù con la faccia nel terreno.
Mentre la sua mente era in vacanza, vide che Stern aveva fissato un'estremità dell'amaca all'attaccapanni a parete e l'altra ad un gancio che fuoriusciva dal muro di fronte.
Ebbe di nuovo la tentazione di gridare per chiedere aiuto alla donna di sotto. Ma quando si sentì sollevare di peso, ogni traccia di coraggio sparì.
"Dottore, allora? Come si sta sul dondolo? Stai comodo?"
Bill non ebbe neanche il tempo di rispondere, ammesso che ne avesse avuto la forza, che si ritrovò di nuovo con il nastro adesivo sulla bocca e legato all'amaca con due cinture, una all'altezza delle braccia e l'altra sopra le ginocchia.
Formava un tutt'uno con quell'attrezzo da campeggio e Stern sorrise, forse perchè gli ricordò i bozzoli di farfalla o qualcosa del genere come sembrò farfugliare divertito.
Peccato che nessuno, al di fuori di lui, avrebbe mai pensato che quell'uomo sofferente e martoriato si sarebbe potuto trasformare in una crisalide. Sospeso a mezz'aria e con la bocca sigillata dal nastro, non avrebbe potuto né urlare né fare rumori sul pavimento.
"Io esco, fai il bravo e ripassa le regole."
Lo sentì scendere le scale dopo aver chiuso a chiave la porta, trascorse più di un'ora a cercare di allentare il nastro sulla bocca, ma capì che era inutile.
Poi sentì degli spari nel bosco vicino e decise di aspettare. Del resto, pur volendo, non avrebbe potuto fare altro.
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La Casa di Legno
Misteri / ThrillerUn racconto a tinte scure, non adatto ai minori e ai soggetti particolarmente impressionabili. Una storia sospesa, con varie chiavi di lettura, in cui il confine tra il bene e il male è evanescente come il ricordo di un brutto sogno.