Capitolo Trentadue

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Matilde guardava Lucrezia rivestirsi e inspirò profondamente, quando facevano sesso si sentiva leggera e felice, come se andasse in un'altra dimensione. Le piaceva come la toccava e come si prendeva cura dei suoi desideri, era incredula che avesse avuto solo un'altra esperienza con una donna perché sembrava essere nata per darle piacere.

"Devo riprendere a giocare a tennis, mi manca..." - disse Lucrezia mentre si allacciava i jeans - "Cambierei circolo, non sento Alberto da settimane e non ho intenzione di farlo." - aggiunse con un dolce sorriso appena vide un'espressione cupa negli occhi di Matilde - "Non so bene cosa mi stia succedendo, sono sincera. Ma so che quando sto con te vorrei che il tempo non finisse mai e con te mi sento viva e me stessa, come non lo sono mai stata."

Matilde deglutì e annuì, era gelosa della ragazza, era impossibile fingere il contrario e temeva di perderla da un momento all'altro. Doveva riuscire a gestire le sue emozioni senza esagerare e senza rischiare di rovinare ciò che stava nascendo tra loro. Lucrezia le si sedette accanto, le scostò i capelli e sorrise.

"Non far pensare troppo la tua bella testolina, ti sto dicendo che sono pazza di te. Gli altri non esistono, te lo assicuro. Ora come ora non mi volterei a guardare nemmeno Berrettini." - continuò la rossa - "Voglio star con te."

Matilde chiuse gli occhi e sospirò, detestava la sua fragilità, per ovviare alle sue paure negli anni precedenti aveva sempre finto di essere forte e anche stronza senza sentimenti perché era più facile gestire i rapporti ma ora Lucrezia era riuscita a penetrare nel suo mondo e aveva paura di cadere.

"Grazie..." - disse infine abbracciando l'altra - "Vorrei dire ai miei che sono lesbica e vorrei te accanto." - aggiunse poi con un filo di voce - "Sono abituata a mentire ma loro insistono affinché io esca con Luciano e non so più come dire di no, non ce la faccio più."

Lucrezia annuì e la strinse forte, sapeva non sarebbe stato facile ma non avrebbe permesso di affrontare da sola la famiglia, le sarebbe stata accanto a prescindere.

***

Francesca camminava avanti e indietro davanti alla sala professori, era l'ultimo giorno di lezione di Asia e Cristian aveva insistito affinché lo accompagnasse a parlare con l'insegnante per ringraziarla per il lavoro svolto. Sapeva che il giovane voleva solo una scusa per stare insieme a lei ma non le andava di ferirlo in modo ulteriore, da quando si era dichiarato avevano legato di più e Francesca aveva scoperto le piaceva la sua compagnia.

"Buongiorno Tommasi" - esclamò Asia appena vide il giovane - "Brighi, buongiorno anche a te." - aggiunse poi scorgendo la ragazza - "Tutto bene?"

"Sì prof" - disse Cristian arrossendo - "Io e Francesca volevamo chiederle se le andava di venire in pizzeria con tutta la classe, vorremmo darle un piccolo regalo per ringraziarla del lavoro svolto."

Asia sorrise, era felice di essere riuscita a lasciare un segno in quei ragazzi e magari averli fatti interessare un po' di più alla matematica e le spiaceva doverli lasciare, anche se alle mani sapienti di Pisano, a un passo dal diploma. Però appena incrociò lo sguardo di Francesca si rese conto di quello che desiderava davvero era poter vivere con lei una storia alla luce del sole senza paure e timori.

"Certo, mi farebbe davvero piacere ma niente regalo, basta che non ti faccia bocciare all'esame." - rispose infine la donna - "Quando?"

"Sabato va bene?" - chiese entusiasta Cristian - "Oddio devo scappare Mattia mi aspetta, allora sabato da Gastone, ok? Se ci sono problemi lo lasci detto a Fra. A presto prof."

Appena pronunciò le ultime parole corse subito via. Francesca deglutì e inspirò, si sentiva agitata come le prime volte che stava sola con l'insegnante, come se fossero tornate indietro di qualche mese.

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