30.

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Piede destro, piede sinistro, eppure mi sembrava così difficile in quel momento. Volevo scoppiare a piangere ma allo stesso tempo fingere che non fosse successo niente. Forse per orgoglio, forse per non farlo preoccupare, più probabilmente la seconda. Avrebbe fatto il finimondo e conoscendo Louis avrebbe soltanto peggiorato le cose, già complicate.
"Non dirlo a nessuno, grandissima puttana" quelle parole rimbombavano nella mia testa e davanti ai miei occhi rivedevo quelle scene senza interruzione.
Avrei voluto accovacciarmi per terra, piangere anche l'anima ed avere lui, l'uomo della mia vita a consolarmi e a ripetermi "Va tutto bene, ci sono io" ma a volte siamo soli in certe situazioni, certe volte dobbiamo rimboccarci le maniche e difenderci con i denti e con le unghie da soli. Cosa che io non ho saputo fare, non sono stata capace di difendermi.
Cacciai via questi pensieri quando mi accorsi che ero ferma, di fronte all'auto, a fissare il vuoto con gli occhi sbarrati.
Cercai di muovermi ad aprire la portiera e ci riuscii. -Eccomi- sussurrai sedendomi sul sedile di pelle, che mai come quel giorno mi sembrò scomodissimo.
-Va tutto bene?- chiese con voce sommessa e calma.
-Sì, abbiamo parlato- mentii spudoratamente guardando dritto davanti ai miei occhi. -Più o meno abbiamo chiarito, anche se non cambierà mai- continuai sbiancando.
-Che ti ha detto?- mi chiese e anche se non volevo parlarne, risposi. -Che lui mi ama ancora e tante altre cose, ma sembra di aver capito che tra me e lui non ci può essere più niente.
Lui annuì, -non ti ha fatto del male?
-No- risposi secca, e lui tirò un sospirò di sollievo, anche se sembrava poco convinto. Ma in quel momento volevo solo morire, se fosse stato possibile.
Mise in moto e poggiò la sua mano sulla mia coscia, proprio nel punto dolorante, la ritrassi con un movimento rapido e lui si girò interrogativo.
-Grace, va tutto bene?- mi chiese rallentando con l'auto, ma continuando ad avanzare. Deglutii rumorosamente, e cercai la voce per rispondere.
-Sì, tutto bene- risposi decisa.
-Grace- mi richiamò per dire la verità.
-Va tutto bene- risposi nuovamente.
Lui sospirò e in poco tempo arrivammo a casa mia.
Mi avviai silenziosamente verso la mia camera, ma anche essa mi faceva paura. Era così grande e buia, soprattutto non mi era mai sembrata così sola, come me.
Feci fatica ad entrare, ma con una forza che non proveniva da me, lo feci. Mi addentrai in quel luogo quasi sconosciuto per me.
Mi misi il pigiama e tutta dolorante mi stesi nel letto.

Ero in un posto sconosciuto, sembrava la stanza di camera mia, oppure la camera d'albergo B89. B89, qualcuno lo diceva lasciando l'eco.
Qualcuno mi afferrò i fianchi da dietro, e sobbalzai voltandomi di scatto. Era Kylian, -ti sono cresciuti i capelli- dissi passando una mano fra essi, erano un po' ricciolini.
Lui sorrise e ci baciammo. Fu un bellissimo bacio, molto romantico. Poi la sua presa divenne insistente sul mio sedere e sui miei fianchi, mi faceva male, molto male. -Kylian- lo richiamai e lui si staccò con il sorriso sulle labbra.
-Mi fai male- gli dissi. Lui sorrise di nuovo, -ma non ti sto proprio toccando, Gracelina- Gracelina?
Lo guardai, -Louis- urlai cercando di staccarmi. -Chi è Louis?- domandò, era di nuovo Kylian.
Tirai un sospiro di sollievo, -scusa, ti avevo scambiato per un'altra persona- e ci unimmo di nuovo in un bacio, mi chiese l'accesso alla lingua e glielo diedi.
-Sei una grandissima puttana- mi disse sulle labbra, buttandomi violentemente sul letto, -cosa? perché?- chiesi piangendo.
-Zitta!- mi urlò. Restammo a guardarci negli occhi insistentemente, i capelli quasi rasati di Kylian si trasformarono in quelli ricci di Louis. Ma che dico? Era Kylian, poi un attimo dopo Louis.
-Kylian- lo richiamai. -Louis- continuai, visto che adesso quello davanti a me non era più il mulatto.
-Chi sei?- chiesi, toccandolo, ma non c'era più nessuno.
Ero da sola, in quella stanza buia. Sentii il pianto di un bambino, abbassai lo sguardo.
-Dylan!- lo cullai portandolo in grembo, ma era più piccolo di quattro anni. Sembrava un neonato. -M-mamma- mi chiamò e sorrisi.
Poi nemmeno lui c'era più, mi ritrovai a cullare l'aria. -Dylan, dove sei?- chiesi continuando a cullare... nessuno.
Mi accovacciai per terra urlando, ma non mi usciva la voce. Come se l'avessi persa, sentivo solo un grande dolore mangiarmi l'anima. Urlai più forte, ma non usciva alcun suono, e anche se fosse, non c'era nessuno ad ascoltarmi.


Ritorna da me/ Kylian MbappéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora