37.

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-Sì, stiamo di nuovo insieme- risposi stringendo forte il volante. -Adesso andiamo a prendere qualcosina e poi andiamo da papà, okay?- continuai per cambiare discorso. -Va bene, mamma- rispose appoggiando la testa al finestrino.
-C'è qualcosa che non va, Dylan?- domandai vedendo la sua espressione triste.
-Non voglio rimanere qui, voglio tornare a Londra- rispose sbuffando con gli occhi lucidi. Mi trovai in panico, non sapevo come o cosa rispondergli.
-Non voglio lasciare i miei amici- continuò e mi sentii lo stomaco mangiato dal senso di colpa.
Stavamo facendo tutto secondo i nostri piani, i nostri desideri, dimenticandoci quelli di nostro figlio.
Avere un figlio alla nostra età non era una cosa facile, soprattutto in quel momento dove ci pensavamo una "coppia" e non una famiglia. Mi resi conto solo allora di dover cliccare sul freno, di dover dare ascolto anche ai pensieri di nostri figlio, che non era una marionetta in balia delle nostre voglie.
-Ma torneremo a Londra in qualsiasi momento tu voglia- cercai di consolarlo ma da parte sua arrivò solamente uno sbuffo.
-E i miei amici? Non potrò più vederli ogni giorno-  tirò su con il naso.
Nel primo anno d'asilo aveva fatto amicizia con tantissimi bambini, si vedevano a scuola, il pomeriggio e anche la sera. Riuscii a comprendere pienamente il suo stato d'animo.
Deglutii rumorosamente, -Continuerai a parlarci dal telefono- risposi pregando che si convincesse.
-Proprio come facevo con papà, non è vero?- le lacrime gli rigarono il visino triste. -E giocarci? Come farò a giocarci?-
Strinsi forte il volante, fino a far diventare le nocche bianche.
Presi un bel respiro profondo, -Andremo a Londra quando vorrai, ma non sei più contento di stare per sempre qui con papà?- cercai di fargli vedere anche la bella faccia della medaglia.
-Sì, però volevo fargli conoscere i miei amici- mi rispose asciugandosi le lacrime.
-Li conoscerà, quando andremo un po' lì- risposi e la mia vista fu annebbiata dalle lacrime. Se c'era una cosa più brutta per una madre, era vedere il proprio figlio triste a causa sua. Decisamente.
Non mi rispose ma continuò a tenere il broncio. -Vai a prendere i tuoi giochi più importanti- lo invitai una volta arrivati alla nostra vecchia casa. Lui corse di sopra e ci mise un po' a scegliere quelli da portare.
-Tutto bene?- mi chiese la donna delle pulizie, impegnata ad impacchettare un po' di roba.
-Vorrei poterti dire di sì- sbuffai passandomi una mano tra capelli.
-Perché?- mi domandò continuando a sistemare.
-Dylan vorrebbe ritornare a Londra, gli manca tutto di quel posto- spiegai.
-Be', non avevate pensato ad una reazione simile in lui? È ovvio che gli dispiaccia, ma gli passerà- cercò di consolarmi accarezzando la mia spalla.
-Non lo so, non lo so- risposi massaggiandomi le tempie. -La cosa più brutta è vederlo triste per colpa nostra- continuai.
-Non sarà più triste dopo che si abituerà, fidati- mi disse.
-Ho paura di aver messo noi al primo posto e non lui- risposi dandomi anche io da fare.
-Però è normale che vogliate recuperare tutto il tempo perso- ribbattè.
-Ma non siamo una coppia, Katie. Siamo una famiglia, e abbiamo trattato nostro figlio come una marionetta- presi alcune cose dal mio armadio e le piegai nei cartoni.
Lei sospirò, capendo che ormai non volevo più sentire ragioni.

-Mamma, ho fatto- tornò mio figlio con in mano qualche giocattolo.
-Bravissimo- dissi asciugando le lacrime e caricandolo in macchina.
-Ciao Katie, domani ti farò arrivare lo stipendio- la salutai lasciandole due baci sulle guance.
-Tranquilla cara, adesso metti al primo posto lui, così si sentirà meglio- mi congedò.
Prima di tornare a casa, passai in farmacia per comprare una crema per la gamba di Kylian.
-Siamo a casa!- urlai posando le buste sul tavolo.
Il bambino teneva ancora il broncio, così prese il tablet e si chiuse in stanza. Mi sentii malissimo, e la sua tristezza venne anche a me.
-È andato tutto bene?- disse raggiungendomi con la stampella. Annuii soltanto, e non ci mise molto a capire che qualcosa non andava.
-Ehi, tutto bene?- si avvicinò spostandomi i capelli dietro le orecchie, era impossibile resistergli. Annuii di nuovo, ripensando a mio figlio e alla conversazione avuta in macchina. Si avvicinò per baciarmi, e dopo qualche secondo di resistenza ricambiai. Non potevo farne a meno, era come la cura per la tristezza per me. Ci staccammo senza fiato, -come va la gamba?- chiesi tornando seria.
-Bene dai- se la guardò. -Qui c'è la pomata- risposi passandogliela.
-Non è che potresti aiutarmi a metterla?- mi domandò sorridendo. E come potevo rifiutare? Si stese sul divano e dopo essersi tolto il tutore, gli spalmai la pomata.
-Grazie- disse nonostante gli facesse male ogni volta che qualcuno gliela toccava.
Avrei dovuto parlare con lui di questa cosa, ma non sapevo il momento.
-Dylan!- lo chiamò lui dopo, per invitarlo a giocare. Gli afferrai il polso, -lascialo stare oggi-.
Mi guardò confuso chiedendomi spiegazioni.
-Non vuole trasferirsi qui, mi ha detto che non vuole lasciare i suoi amici, che preferirebbe rimanere lì e... Kylian, non abbiamo pensato a i suoi desideri- dissi e mi si rifecero gli occhi lucidi.
-Non è contento di stare qui con me?- chiese con una faccia delusa.
-Sì, assolutamente. Però lasciare di punto in bianco le cose a cui era affezionato non è facile per nessuno, soprattutto per un bambino- spiegai.
-Non c'entra. Avrebbe dovuto essere contento di stare qui con me, i suoi amici dovrebbero passare in secondo piano- rispose tenendosi la testa tra le mani.
-Non puoi pretendere una cosa del genere dopo che sei stato assente per quattro anni, lo sai- dissi e vidi la sua espressione diventare ancora più delusa.
-Anche tu a farmi sentire in colpa, grazie!- disse lasciando il salone e sbattendo la porta della camera sua.
-Kylian!- lo chiamai, ma era troppo lontano per sentirmi, o forse non voleva farlo.

Spazio autrice
Ciaoo, scusate per l'assenza ma sono stati giorni pieni. Lasciate una stellina e commentate se vi va.
Comunque, voi siete dalla parte di Dylan o di Grace e Kylian?

Ritorna da me/ Kylian MbappéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora