***Capitolo 60: Pastello

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Non lo voglio il tuo nuovo numero, avrei voluto dirgli.

In caso ti servisse, mi aveva detto.

Okay, avevo risposto.

Okay perché erano passati mesi da quando l'avevo visto e Aron rimaneva un'esperienza che desideravo, nonostante tutto.

Non ti chiamo, aveva aggiunto. Non ti disturbo.

La scelta è tua, aveva inteso.

Lo salvai in rubrica come Aron. Il nome Ragazzo dei binari apparteneva al passato, e la sua chat era poco più sotto di quella nuova. Avevo provato a cancellarla più volte, ma non ci ero mai riuscita.

A: Aron

Stanno facendo un evento di pittura dal vivo

Da: Aron

Hey

A: Aron

Chi vuole può pitturare. Hanno le tele e i colori

Da: Aron

Dove sei?

A: Aron

Al bar dei pescatori

Stanno dipingendo il mare

Da: Aron

Mi stai chiedendo di raggiungerti?

A: Aron

Stanno dipingendo il mare

Da: Aron

Ok. Metto le scarpe

A: Aron

Ma hanno già iniziato. Arriveresti comunque in ritardo

Da: Aron

Metto le scarpe

Lo scampanellio della porta indicò il suo arrivo.

Un udibile silenzio sembrò cadere nella stanza, breve, durò solo qualche secondo, come se ogni respiro fosse stato risucchiato, gli occhi dei presenti scattati sull'uscio della porta, attratti e incuriositi da quella nuova persona che sembrava smuovere l'energia della stanza, comandarla e attrarla. Durò giusto qualche secondo, poi tutto sembrò riprendere il suo corso.

E io mi ricordai della prima volta, io in ginocchio che guardavo su verso di lui, con niente se non devozione e desiderio negli occhi, quando per un istante Aron era sembrato un dio, ma non era altro che umano e sbagliava come gli umani e amava come gli umani, ed era imperfetto e tutto ciò che potessi desiderare.

E adesso quella stessa persona era di nuovo davanti a me, a portata di mano, e per un breve, folle istante non volli far altro che scansare la sedia e tornare in ginocchio ai suoi piedi e sentire il peso del suo sguardo addosso in quel modo adrenalinico che solo lui sapeva fare.

Ma sbattei le palpebre e rimisi a fuoco la stanza, i pennelli e i colori, la vetrata appannata e le note di pianoforte in sottofondo.

E in un battito di ciglia Aron si sedette sulla sedia di fronte a me e mi guardò con quei suoi occhi curiosi, forse si chiedeva dove fossi finita in quegli ultimi secondi, forse lo sapeva, forse non lo sospettava nemmeno.

"Ciao, Jane." Un piccolo sorriso sull'angolo destro della bocca.

"Ciao." Spinsi in avanti il vassoio coi colori e i pennelli e il bicchiere già riempito con l'acqua. Ritirai la mano subito dopo, sotto il tavolo insieme all'altra, strinsi i pugni. "Gli altri sono già avanti." Spostai lo sguardo sugli altri tavolini, dove ragazzi e adulti e vecchi seguivano diligentemente il maestro, in piedi accanto ad un cavalletto in fondo alla sala, sulla tela già impresso il profilo del mare.

Ricordati quandoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora