***Capitolo 45: Prato

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"Allora, dove hai detto che andiamo?"

Eravamo fermi nel garage del suo palazzo, già seduti in macchina, ma Aron non sembrava avere intenzione di partire.

"Non l'ho detto", risposi. Di fronte alla sua espressione corrucciata sorrisi. "È una sorpresa?"

Infilò la chiave ma ancora non la girò. "Come faccio a guidare senza sapere la meta?"

Mi allacciai la cintura. "Imbocca la strada principale finché non esci dalla città." Quando ancora non fece nulla alzai gli occhi al cielo con una risata. "Aron, avanti, non abbiamo tutto il giorno! Ti dico io dove andare!"

Si sporse verso di me, una mano ancora ferma sul volante, trattenni il respiro quando con l'altra mi prese il mento tra pollice e indice, facendomi scuotere la testa un paio di volte a destra e a sinistra. "Non mi piacciono le sorprese." Pensieroso, fece scorrere lo sguardo sui lineamenti del mio volto. La presa sul mento aumentò leggermente prima di diminuire di nuovo. "Specialmente quelle di compleanno."

"Non ci sono feste", mormorai, lo sguardo fisso sulle sue labbra. "Prometto."

Dopo un altro paio di secondi mi lasciò andare e la tensione si spezzò.

"D'accordo."

Mise in moto ed uscimmo finalmente dal garage.

Oggi era il tredici agosto, il compleanno di Aron.

Aveva negato con veemenza ogni festeggiamento, sostendendo che non aveva più festeggiato il compleanno da anni e non aveva intenzione di ricominciare a farlo proprio ora.

La conversazione era andata più o meno così:

"È il tuo compleanno fra cinque giorni."

"Mhm."

"Festeggi?"

"Non mi piace stare al centro dell'attenzione. Una festa è l'ultima cosa che voglio. No torte, no feste, no regali."

"Sei noioso! Neanche una torta?"

Silenzio.

"Okay, niente feste, ma facciamo qualcosa noi due."

"No. Non ce n'è bisogno. Davvero. Non festeggio mai il compleanno e quest'anno sarà uguale."

"Voglio fare qualcosa. Non puoi passarlo come fosse un giorno qualunque."

"Certo che posso ed è proprio quello che farò."

"Andiamo!"

"No."

"Non lo accetto."

"Jane."

"Okay! D'accordo! Come vuoi!"

"Grazie."

"Ti odio."

"Bene."

Altra pausa.

"D'accordo, niente feste, ma ti porto in un posto. Solo noi due."

"Jane, ricominci?"

"Voglio mostrarti un posto. Per favore. Te lo avrei voluto mostrare comunque, anche se non fosse stato il tuo compleanno."

Aveva ceduto, alla fine. Era uscito da lavoro alle tre del pomeriggio, una piccola fortuna che sospettavo essere però merito del suo capo e amico.

Quando imboccammo la strada principale, accesi la radio. "Tengo io il controllo sulla musica", dissi. Dopo aver trovato una canzone decente, reclinai il sedile indietro e mi rilassai. Per un po' guardai fuori dal finestrino, poi chiusi gli occhi.

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