Quando volevi che il tempo rallentasse, quello sembrava fare il gioco sporco e scorrere ancora più veloce.
La mattina era durata soltanto una manciata di minuti e già era pomeriggio, l'ultimo che avremmo trascorso alla radura.
Ero ferma in piedi in mezzo allo sprazzo d'erba, stringevo il costume in mano e mi riempivo gli occhi di ogni cosa. Delle tende ancora aperte, dei borsoni che avremmo dovuto riempire entro sera, dei due massi al limite della radura, quello più grande e quello più piccolo, su cui ci avevo trascorso ore. E poi giù, oltre lo strapiombo, la spiaggetta a mezzaluna, la schiuma bianca delle onde che dall'alto sembravano così piccole, e dietro di me gli alberi che circondavano il perimetro della radura; l'amaca di Jeremy non c'era più, l'aveva già piegata e messa via.
Scendemmo alla spiaggia, per un'ultima volta.
Ero titubante, non volevo mettermi in costume per non scoprire agli occhi degli altri una pelle che mostrava i segni dei baci di Aron, ma era l'ultimo pomeriggio, l'ultima nuotata in quel mare che avevo cominciato a sentire come mio ma che non lo era.
E una piccola, piccola parte dentro di me avvampava all'idea di mostrare al mondo a chi appartenevo, a chi ero appartenenuta, anche se soltanto per una notte, per il breve, infinito tempo di un tramonto. Erano segni lasciati come prova di qualcosa che era successo e di qualcosa che invece non sarebbe mai potuto accadere.
E così mi spogliai dei vestiti. Mi sedetti sull'asciugamano e osservai un piccolo segno rossastro nell'interno della coscia. Ricordare come ci era finito lì mi fece tremare. Lo sfiorai col dito e provai a calmare il cuore, ma fu un tentativo inutile. Sapevo di averne un secondo all'altezza della clavicola, un terzo sul seno, appena sotto il costume. Chissà dove altro ancora.
Raggiunsi gli altri in acqua e il mare ancora una volta fu mio amico e le sue onde nascosero l'opera di Aron e i colori con cui aveva pasticciato sul mio corpo usandolo come sua tela umana personale.
***
Volevamo un ricordo fisico di quella vacanza, ma non c'erano bancarelle che vendevano souvenir.
"Ho dello spago", disse Michael. "Possiamo fare dei braccialetti. Usiamo conchiglie e sassi."
E fu così che spendemmo il resto del pomeriggio. Michael andò a recuperare lo spago che teneva in quel suo zaino enorme, e poi ritornò alla spiaggia. Ci dividemmo a coppie, ognuno creava qualcosa e poi lo regalava all'altra persona. Garrett era bravo con le cose manuali e paziente, ci spiegò come scegliere le conchiglie col guscio più adatto, lo spessore giusto, come bucarle col chiodino in senso antiorario per non romperle, come legare lo spago attorno ai sassi.
Spesi così tanto tempo a cercare la conchiglia perfetta per la collana di Aron che avrei provato imbarazzo se avessi avuto spazio nel cuore per altre emozioni oltre alla nostalgia, qualcosa di così delicato che avevo paura solo a soffermarmici.
La trovai infine. Una conchiglia color perla. Iridescente e bianca come il latte contro la sabbia bagnata.
Quando legai la collana attorno al collo di Aron la conchiglia risaltò come una vera perla sulla sua pelle abbronzata. Mi piaceva vederla lì, sull'incavo della gola, tra le clavicole. Era come se portasse con sé un pezzo di mare.
Aron non usò nessuna conchiglia per il mio braccialetto. Usò un ciottolo verde che aveva raccolto dalla riva del lago il giorno in cui mi aveva raccontato la sua storia. Ne accarezzai la superficie liscia col pollice e mi chiesi perché avesse deciso di raccogliere proprio un ciottolo verde tra tutti gli altri colori.
Il verde era il colore dei suoi occhi, ma quello che avevo tra le mani era un verde più scuro, più cupo, assomigliava di più a...
Chiusi la mano a pugno attorno al ciottolo e strinsi forte.
***
"A me sembra che ci stiamo dimenticando di qualcosa..." Jeremy aveva un'espressione pensierosa, come se davvero facesse fatica a ricordare, ma il ghigno che lanciò a Brandon la diceva lunga.
"Già", annuì Brandon, picchiettandosi il mento col dito. "Chissà cosa..."
Simon rise per sotto e scosse la testa. Ethan e Caleb si schiarirono la gola e sviarono lo sguardo da Jeremy quando quest'ultimo esclamò: "Oh, ora ricordo! Qualcuno qua ha ancora una penitenza da scontare." Mosse le sopracciglia su e giù. "Bagno di mezzanotte nudi non vi dice niente?"
Caleb e Ethan si lasciarono andare ad un lungo lamento, ma dopo le esortazioni degli altri, si alzarono e andarono verso la scala di roccia che portava alla spiaggia.
"Andiamo soli!", intimò Ethan.
Caleb ci puntò contro l'indice mentre scendeva le scale. "Esatto! Godetevi lo spettacolo da qui in alto, grazie!"
"Andate, andate." Alissa rise e fece segno di continuare a camminare. "È un buon esercizio per aumentare il legame di amicizia."
Era buio ormai. Il sole era appena scomparso dietro l'orizzonte e il mare luccicava del riflesso della luna ancora bassa. Le due piccole figure chiare di Ethan e Caleb risalatavano nel nero delle onde, i vestiti abbandonati sulla riva. Stavano ridendo, sentivamo le loro voci nel silenzio.
Quella notte non dormimmo in tenda. Portammo i sacchi a pelo all'aperto e distesi tutti insieme guardammo le stelle mentre ci raccontavamo storie.
Lontanissime dai fari della città, le stelle erano ovunque e più luminose che mai. Nel cielo, riflesse nel mare e dentro gli occhi di Aron quando mi voltavo e incrociavo il suo sguardo.
Era disteso affianco a me, le sue dita mi accarezzavano piano il braccio. Sarei voluta rimanere così per tutta la notte, sveglia per non perdermi neanche un secondo, neanche una carezza, neanche una stella.
Ma ci addormentammo alla fine, i cuori un po' più pieni di ricordi rispetto a quando eravamo partiti, e allo stesso tempo un po' vuoti per la consapevolezza che domani non saremmo più stati lì.
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Ricordati quando
RomanceDal capitolo 1: C'era un motivo ben preciso per cui mi tuffavo da una scogliera alta venti metri. Era l'unico modo che mi era rimasto per sentirmi viva. Quello, ed ogni altra cosa pericolosa o rischiosa. Volevo sentire il cuore battere all'impazzat...