***Capitolo 1: Il mare

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Per i vecchi lettori:

Ho drasticamente revisionato (sia per trama che per stile di scrittura) questa storia nel corso del 2022 e 2023.

Ho ricevuto più messaggi di persone che avevano letto Ricordati quando in passato e che volevano rileggerla.
So che in molti vi eravate affezionati e so che forse siete rimasti sorpresi nel trovarla modificata.

A voi che avete amato la prima versione scritta dalla me stessa del passato (e per averla amata vi sarò eternamente grata) voglio invitarvi a dare una chance anche alla nuova perché è come ho sempre immaginato che i personaggi dovessero essere, nelle loro scelte e maturità.

Spero che la possiate amare allo stesso modo - se non di più - e grazie di essere tornati a trovarla.

Detto questo, buona lettura a tutti quanti...ci vediamo alla fine.

-V

Il vento mi scompigliò i capelli

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Il vento mi scompigliò i capelli. Li spostai dal volto e feci il primo passo.

Man mano che la camminata si trasformava in corsa sentivo sempre più l'adrenalina scorrermi nelle vene. Poi sotto i piedi sentii il vuoto e mi librai nel vento. Adrenalina pura.

Mentre cadevo ogni pensiero si volatizzò dalla mia mente: c'eravamo solo io, l'aria che mi sferzava i capelli e l'emozione di quel momento. Ero felice, mi sentivo leggera, inconsistente come il vento che mi fischiava nelle orecchie.
Poi ci fu l'impatto.
L'acqua gelida per un momento mi intorpidì i sensi. Iniziai a muovermi per salire in superficie, l'ossigeno cominciava a mancarmi. Riemersi e presi una boccata d'aria, sorrisi. Cominciai a nuotare nell'acqua trasparente per poi mettermi a galleggiare a pancia in su, immobile, beandomi di quella calma. Fissai il cielo. Amavo il mare perché era misteriosamente oscuro e celava dietro le sue acque i segreti degli uomini da millenni. Amavo il mare perché non c'era niente di più bello, sarei stata ore a guardare le onde infrangersi sugli scogli o cercare di baciare la spiaggia; non ci riuscivano mai ma non si demoralizzavano, tornavano sempre, dopo ogni rifiuto della spiaggia, loro tornavano, più decise di prima. Amavo il rumore delle onde, non c'era melodia più bella. Aveva un ritmo incostante eppure a volte riusciva a ridare equilibrio ai miei pensieri confusi. Aveva la capacità di attrarre gli uomini, come le sirene con i marinai.

Nuotai fino alla riva e recuperai i vestiti lasciati sulla spiaggia. Li infilai sopra il costume ancora bagnato e mi incamminai verso le scale di roccia che portavamo alla strada principale.

Quella spiaggetta era uno dei tratti più tranquilli, in quanto deserta. Non c'era nessun ombrellone, nessun bambino che schizzava l'acqua o urlava. Silenzio e pace assoluta: un bel posto per stare soli, ma non il migliore.
La spiaggia pubblica si trovava più a sinistra, dopo l'intricata piccola foresta di arbusti secchi, più vicina al centro della città.

Salii velocemente le scale improvvisate nella roccia e riemersi nella strada principale, dove le macchine sfrecciavano già con i fanali accessi e l'odore della salsedine cominciava a svanire. Era pomeriggio inoltrato, nuvole lunghe e sottili, ora rossastre, solcavano il cielo cupo e il sole si sarebbe tuffato a momenti nelle acque del mare.

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