***Capitolo 47: Luna Park

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L'estate era giunta al termine e io non potevo essere più innamorata di Aron di come lo ero in quel momento.

Erano passate poco più di due settimane dal suo compleanno e Settembre aveva aperto le sue porte. Da quel giorno la mia mente sembrava essere andata in cortocircuito, un giradischi inceppato che ripeteva la stessa strofa. Mi ero detta così tante volte che dovevo affrontare l'argomento con Aron che ormai sapevo i miei discorsi mentali a memoria.

Devi farlo. No, non posso farlo. Ma devi. Non posso. Non ci riesco. Non posso, non posso, non posso.

Più volte ero stata sul punto di confessarlo ed ogni volta avevo serrato le labbra e abbassato lo sguardo. Non ci riuscivo perché avevo paura di quello che avrei potuto vedere nei suoi occhi, non sarei stata in grado di guardarlo allontanarsi inesorabilmente da me. E non era che temessi che i miei sentimenti non venissero ricambiati. Non era quello il mio timore, era sapere che con quelle due semplici parole avrei concretizzato le sue più grandi paure, ed era incredibilmente sbagliato perché con me non doveva aver paura, il mio amore non implicava l'abbandono.

Per quanto sapessi quanto fosse importante affrontare l'argomento, non trovavo il coraggio di farlo e rimanevo bloccata in quel limbo che mi stava facendo impazzire, sospesa in equilibrio precario tra due metà, da una parte il baratro, dall'altra la salvezza o qualcosa che perlomeno sembrava assomigliarci.

Mi rigirai nel letto e scalciai via le lenzuola gemendo frustrata.

Controllai l'ora sul telefono. 01:45. Un'altra notte che si aggiungeva alle troppe notti in cui ero rimasta sveglia in quegli ultimi giorni, ore di sonno rubate dai soliti pensieri, dalla solita persona.

Aprii la sua chat. Fissai lo schermo indecisa per qualche secondo poi cominciai a scrivere un messaggio.

A: Ragazzo dei binari

Non riesco a dormire. Sei sveglio?

Le probabilità che lo fosse erano poche ma non nulle perché ultimamente anche lui lamentava problemi ad addormentarsi. Passarono cinque minuti, poi dieci, un quarto d'ora, e non ricevetti nessuna risposta. Mi rigirai nel letto e fissai il soffitto senza vederlo implorando al mio cervello di spegnersi. Poi il telefono si illuminò rischiarando la stanza.

Da: Ragazzo dei binari

'Infila le scarpe, raggio di sole. Sono sotto la tua finestra'.

Veloce accesi la luce sul comodino, scesi dal letto, dritta verso la finestra, mi affacciai ed Aron era lì. E non era solo. C'erano Annabelle e Tom al suo fianco, e fuori in strada Robin che aspettava insieme a Bailee. Il mio volto si illuminò in un sorriso.

"Che ci fate qui?", esclamai piano.

"Forza, scendi!", mi spronò Tom impaziente.

"Voi siete matti", dissi ridendo. "Metto le scarpe."

Quando atterrai ai piedi del melo, Aron mi prese per il polso tirandomi verso di lui. Finii contro il suo petto e il suo profumo misto all'ammorbidente dei vestiti ebbe l'effetto immediato di calmare quella parte di me sovraeccitata ed inqueita che prima non mi lasciava dormire.

"Cosa ci fate qui?", ripetei una volta che fummo in strada, a distanza di sicurezza dalla casa.

"Stavamo andando alla spiaggia quando hai mandato il messaggio ad Aron", spiegò Tom. "E Romeo ci ha costretto a fare inversione di marcia e a venire a prendere la sua Giulietta."

"Come mai andate alla spiaggia a quest'ora di notte?"

"Per il Luna Park ovviamente", rispose Bailee, riferendosi al festival che la nostra città organizzava ogni anno la prima settimana di Settembre. "È vuoto a quest'ora. E non ci sono guardie."

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