***Capitolo 2: I binari

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Stavo fissando fuori dalla finestra i mattoni rossi dell'ala est della scuola. Era una bella giornata oggi, il cielo era di un azzurro terso, senza nessuna nuvola: almeno un motivo per essere contenti c'era.

L'improvviso suono della campanella mi fece spostare lo sguardo dalla finestra alla cattedra, dove il professor Mason, nel suo completo grigio gessato, stava alzando un braccio in segno di pausa.

"Ragazzi fermi, aspettate ancora un momento prima di uscire", ordinò. "Per settimana prossima voglio un tema di quattro colonne sull'influenza della luna sugli uomini. Pensate a quello di cui abbiamo parlato oggi ed elaborate le vostre teorie."

Mentre gli altri studenti si guardavano fra di loro confusi, io sorridevo. Se c'era una materia che mi piaceva era letteratura e se c'era un professore che stimavo, era il professor Mason, con le sue idee poco scontate e il suo lasciare gli studenti liberi di esprimersi con la scrittura. Era liberatorio poter scrivere temi che non fossero meri riassunti delle vite e opere di autori classici.

Mi alzai e raccolsi le mie cose, già sconsolata all'idea della prossima materia. Avrei potuto scrivere mille temi, ma le mie capacità per quanto riguardava la chimica erano sotto lo zero. L'infinita serie di voti insufficienti ne erano la prova, e la paura di non superare il corso mi pesava come un macigno bollente sullo stomaco.

"Allora, Jane."

Mi focalizzai su Rose, grata per una distrazione dalle mie preoccupazioni.

"Ricordati che oggi al campo viene anche Matt." Mi lanciò un'occhiata complice ed io alzai gli occhi al cielo, ma poi sorrisi fingendo un entusiasmo che in realtà non avevo.

Matt, l'amico di Caleb. L'avevo conosciuto durante una delle serate allo Sten's, la discoteca in spiaggia, e avevo colto al volo la possibilità che mi si era presentata: l'ordinario Matt aveva le caratteristiche perfette per quello che avevo in mente di fare.

***

Quando arrivai al campo dopo pranzo, erano quasi tutti presenti.

Cercai con lo sguardo Matt e lo vidi appoggiato alla rete che parlava con Ethan. Erano un paio di volte che veniva al campo - solitamente ci incontravamo in città - e mi faceva ancora strano vederlo lì, sembrava fuori posto in un luogo in cui ero abituata a vedere le solite facce.

Feci un profondo respiro e mi avvicinai, salutandoli. Si girarono entrambi e così mi ritrovai con due ragazzi che mi sorridevano a trentadue denti, uno dei quali, Matt, restò a fissarmi per qualche istante di troppo.

"Ciao, pulce!", esclamò Ethan.

Mi posò una mano sulla spalla e poi mi strinse in un breve abbraccio. Sentire il suo profumo familiare mi calmò. Sapeva delle cinnamon rolls di cui era ossessionato ed era un profumo caldo come la sua presenza, come la sua felpa marrone e i suoi occhi nocciola. Sapeva di casa e lo era davvero, il fratello che non avevo mai avuto.

"Jane, ciao." Matt mi sorrise, avvicinandosi.

Erano tre settimane che ci frequentavamo. Era una cosa ancora del tutto casuale, qualche uscita ogni tanto. C'era il dubbio che strisciava in sottofondo causato dalla mancanza di un batticuore e la fatica a volte di trovare argomenti in comune, ma Matt era gentile, ed era calmo, e io volevo gentilezza nella vita, ed era anche straordinariamente ordinario e se c'era una cosa di cui avevo un disperato bisogno era un po' di sana normalità.

In ogni caso certe cose avevano bisogno di tempo per maturare. Così gli sorrisi e lui mi mise un braccio attorno alle spalle.

"Bene, vi lascio soli", disse Ethan. "Ma tu tieni le mani a posto!", aggiunse con voce seria e puntando un dito contro Matt. Mi sforzai di non ridere.

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