***Capitolo 51: Bianco

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Il soffitto bianco della mia stanza sembrava volermi prendere in giro.

Era così spoglio, così meravigliosamente vuoto che lo invidiavo. Tutto ciò che desideravo era avere per almeno cinque minuti una mente altrettanto vuota, invece ero tormentata senza sosta dai miei stessi pensieri.

Scesi in cucina e la trovai buia. Accesi la luce. Puntellai distrattamente la forchetta sul piatto, muovendo gli avanzi ormai freddi della cena e ignorando il telefono che vibrava per i continui messaggi di Rose. Era preoccupata perché non mi sentiva da quando mi aveva vista al campo con Aron, quando avevo ricevuto la chiamata di Micheal.

All'ennesima vibrazione del telefono mi costrinsi a risponderle che stavo bene e che l'avrei chiamata presto. Prima che riuscissi a mettere giù il telefono un nuovo messaggio arrivò, ma non era da parte di Rose. Era di Annabelle.

Da: Belle

'Sei con Aron per caso?'.

A: Belle

No perché?

Da: Belle

Ti ha detto dove andava?

A: Belle

Non lo vedo da ieri sera

Quando non rispose più le mandai un altro messaggio.

A: Belle

Che succede?

La suoneria del telefono irruppe nella stanza all'improvviso. Accettai la chiamata ignorando il tremore delle mani.

"Pronto? Belle, che succede?"

"Jane! Hai mai sentito Aron oggi?" La sua voce era irrequieta e non face altro che aumentarmi la morsa all'altezza dello stomaco.

"No." Il rumore della forchetta che scivolava dalla mano e finiva contro il piatto mi fece sobbalzare. "Ieri sera ci siamo visti, ma le cose adesso sono un po'...complicate e oggi non ho ancora trovato il coraggio di chiamarlo. Non ancora almeno. Perché? Non ti risponde?"

Annabelle inspirò bruscamente e quando parlò di nuovo la sua voce tremava. "Mi ha mandato un messaggio poco fa e da quel momento il telefono risulta irraggiunbile."

"E cosa diceva il messaggio?"

"Io e Tom stiamo andando a casa sua. Stiamo salendo le scale ora."

Mi alzai di scatto dalla sedia. "Cosa diceva il messaggio, Belle?"

Sentii il rumore di qualcuno che bussava in sottofondo, alcune voci, qualche insulto, il rumore di chiavi. Poi silenzio.

"Belle?"

"Vieni al suo appartamento, Jane. Adesso."

"Annabelle, dimmi cosa sta succedendo. Sta male?"

"No. Vieni qui e basta."

***

Non avevo mai percorso la distanza che separava le nostre case così velocemente. La milza mi pungeva avendo più corso che camminato e mai come in quel momento rimpiansi di non avere ancora la patente.

Quando giunsi al quarto piano trovai la porta numero 13 spalancata e a quel punto esitai, confusa e con una sensazione di angoscia che diventava sempre più opprimente. Riuscivo a sentire delle voci soffuse provenire dall'interno e le riconobbi come quelle di Annabelle e Tom. E di nessun altro.

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