Aron non aveva mentito quando aveva detto che poteva battere Ethan a basket. O meglio, avrebbe potuto farlo se fossero stati in squadre opposte. Quello con l'ego ferito in realtà era Caleb, per la gioia di Ethan.
Il weekend era arrivato veloce. Il sollievo di avere un paio di giorni liberi dalla scuola era durato poco perché sapevo che avrei dovuto ritirare fuori i libri e mettermi a studiare chimica. Seguii la figura di Aron che correva per il campo e sentii il nervosismo crescere. Studiare chimica sì, ma non da sola.
Faceva caldo quel pomeriggio. Io, Rose e Alissa eravamo sedute per terra al limite del campo. Maggio era iniziato da un paio di giorni e il sole scottava già. Alissa aveva un romanzo aperto in una mano, una lattina di the nell'altra. Rose era distesa, appoggiata sui gomiti, la testa rivolta verso il cielo e cercava disperatamente di prendere un po' di colore.
"Sono meno pallida?", chiese, aprendo un occhio.
Mi girai a guardarla. "Hai le guance rosse."
"Mh", mormorò richiudendo gli occhi. "Probabilmente mi brucerò senza abbronzarmi."
Il sole mi stava mettendo sonnolenza. Mi appoggiai con la schiena al blocco di cemento e chiusi gli occhi. Ascoltai le voci e le risate dei ragazzi, il rumore dei loro passi e della palla che sbatteva sul pavimento, il fruscio delle pagine del libro di Alissa, il canto di qualche uccello posato sui tetti vicini. Erano solo quelli i suoni che si potevano sentire nella città fantasma. Era come un'oasi nel mezzo dell'oceano, tutta per noi, un piccolo riquadro di silenzio in mezzo alla frenesia della città.
La voce di Rose interruppe il silenzio. "Allora cos'è che fate oggi tu ed Aron? Un'altra battaglia di colori? O una lotta più fisica questa volta, magari un po' di wrestling?"
"Rose, se non la smetti con queste battute, giuro."
"Oh, dovete andare da qualche parte?", chiese Alissa. Appoggiò il libro per terra e mi guardò. "Non restate qui al campo?"
Mi morsi il labbro e scossi la testa. "No, deve aiutarmi a studiare chimica."
Rose si sollevò sui palmi e mi guardò con le sopracciglia sollevate. "Quando aspettavi a dirmelo?", si lamentò. "Devo essere tenuta aggiornata!" Continuò prima che potessi controbattere. "Comunque è un bene che tu abbia trovato qualcuno che possa aiutarti. Avevo già ansia al pensiero di riprovare a studiare chimica insieme."
"Già", risi. "Non è andata bene l'ultima volta."
"Uscite spesso insieme." Alissa mi osservò al di sopra della lattina. "C'è qualcosa fra di voi?"
Volevo dirle che non erano affari suoi ma poi quella risposta sarebbe stata probabilmente presa come un sì. "No", dissi allora, perché la risposta era no e doveva essere no per forza di cose. A volte si barcollava un po' su certi estremi, aveva detto Aron, ma poi si ritornava in piedi, in equilibrio su un binario chiamato amicizia. Non si doveva scendere dal treno. "Siamo amici", confermai, a lei, a me stessa.
Alissa si limitò ad annuire e tornò al suo libro. Feci finta di non notare l'occhiata che mi lanciò Rose e riportai l'attenzione sul campo. Aron stava ridendo con Caleb e Brandon. Quella volta al parco, seduti sulla nostra panchina, mi aveva detto che il suo gruppo di amici mancava della nostra leggerezza e innocenza. Non sapevo fino a che punto ne fosse privo ma mi piaceva vederlo ridere con Ethan e gli altri, sembrava assorbire da loro un po' di quella leggerezza che ci invidiava.
Quando finirono la partita Rose si alzò e andò a tirare a canestro insieme ad Ethan. Io non avevo ancora avuto modo di salutare Aron; quando ero arrivata, poco dopo le tre, lui era già in campo a giocare.
Con la coda dell'occhio vidi Alissa alzarsi, prendere una bottiglia d'acqua e dirigersi verso Aron che stava camminando insieme a Simon verso di noi.
La maggior parte del tempo Simon era taciturno, soprattutto con gli estranei, invece notai che adesso stava chiacchierando tranquillo. Forse aveva visto in lui una somiglianza, forse in certe persone Aron aveva l'effetto di calmare il cuore, invece di metterlo in subbuglio.
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Ricordati quando
Storie d'amoreDal capitolo 1: C'era un motivo ben preciso per cui mi tuffavo da una scogliera alta venti metri. Era l'unico modo che mi era rimasto per sentirmi viva. Quello, ed ogni altra cosa pericolosa o rischiosa. Volevo sentire il cuore battere all'impazzat...