***Capitolo 41: Appletini, Tequila e Brillantini

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Le tende di velo rosso ondeggiavano piano per l'aria condizionata e i miei occhi cadevano sempre lì, il loro colore sembrava richiamarmi, impedendomi di dimenticare quello che indossavo sotto i vestiti, come se la mera presenza di Aron al mio fianco non fosse sufficiente a ricordarmelo costantemente.

La sala rossa era più affolata dell'ultima volta. Tre sgabelli erano occupati al bancone bar e due tavoli oltre al nostro. Noi eravamo seduti esattamente dove l'ultima volta e appena entrati avevamo trovato Annabelle, Bailee, Tom e Robin già seduti sui divanetti di pelle nera.

Di diverso c'era una torta, appoggiata al centro del tavolino basso, ma quando mi avvicinai mi accorsi che non si trattava propriamente di una torta.

"Cos'è quella?", chiese Aron sedendosi e tirandomi giù al suo fianco per il passante dei pantaloncini.

"Non vendono cibo qua, figurarsi torte", spiegò Annabelle. "Ma dovevo averne una per forza quindi sono scesa giù da Dean e ho insistito finchè non mi ha preparato...questa. Panna montata e frutta che usano per i cocktail." Guardò incerta verso la composizione sul piatto prima di dare una pacca sulla spalla a Robin. "Se Robin qui mi avesse avvisata prima mi sarei organizzata e avrei portato una torta vera!"

Robin alzò gli occhi al cielo. "Non c'è bisogno di nessuna torta", disse allungando comunque una mano per prendere una fragola.

"Festeggiare cosa?"

Aron guardò confuso tra i due ma fu Tom a rispondergli, allungandosi per dare a Robin due sonore pacche sulla spalla che quasi gli fecero andare di traverso la fragola.

"Il nostro Robin ha trovato finalmente lavoro."

Bailee ridacchiò e prese un pezzo di frutta. Era sobria quella sera, nessun calice di vino nelle vicinanze, e quando incrociò il mio sguardo non ci trovai lo stesso sdegno dell'ultima volta, più una neutra curiosità, quasi come se si stesse impegnando ad essere indifferente.

"Quando?", esclamò Aron con tono offeso. "E non hai pensato di chiamarmi per dirmelo?"

"È quello che gli ho detto anche io!", si lamentò Annabelle. "Non ha avvisato nessuno!"

Quando Robin e Aron cominciarono a parlare del suo nuovo lavoro, Tom richiamò la mia attenzione.

"Allora, Jane, cosa mi racconti?" Era seduto sul divanetto affianco al mio, alla mia destra, raggomitolato vicino al bracciolo per essere più vicino, ma con la sua stazza assomigliava più ad una piccola montagna di muscoli appollaiata su un misero divanetto. "Cosa succede nel tuo mondo dei balocchi?"

Alzai un sopracciglio un po' divertita. "Mondo dei balocchi?"

"Sì, non vivi lì? Hai l'età giusta", mi rispose ridendo. "Quanti anni hai? Sedici?"

"Lo sai che non ne ho sedici!", esclamai subito, quasi offesa. "E nemmeno ne dimostro." Mi imbronciai, ma Tom rise di nuovo e non riuscii a mantenere la faccia seria per molto.

"Sei scomparsa l'altra volta", continuò ora serio e il mio sorriso si incrinò. "Dov'eri finita?"

"Decisamente non era andata a farsi un giro nel mondo dei balocchi", si intromise Aron appoggiandomi una mano dietro il collo. Trattenni un brivido quando mi grattò piano con le unghie un paio di volte prima di allontanare del tutto la mano, lasciando però il braccio sullo schienale alle mie spalle.

Tom ora mi guardava con una curiosità che strabordava senza vergogna dagli occhi spalancati, ma un'occhiata di Aron bastò a fargli mandare giù qualunque cosa volesse chiedermi.

"È successo per sbaglio, non volevo andare senza salutare", dissi. Quando Tom non sembro del tutto convinto, aggiunsi: "Stasera non scompaio senza salutare prima. Giuro."

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