***Capitolo 24: Lago

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Non riuscii a mangiare molto quella sera, lo stomaco troppo ingarbugliato per mandare giù cibo.

Andai alla tenda prima degli altri e mi distesi a pancia in giù, il corpo inquieto, attraversato da una elettricità che mi impediva di rilassarmi, la mente sovraeccitata.

Tirai fuori la macchina fotografica per distrarmi con qualcosa e per un po' sembrò funzionare. Raggiunsi una parvenza di normalità, ma era talmente fittizia che bastò l'entrata di Aron nella tenda per scardinarla completamente.

"Che fai?", mi chiese distendendosi di lato, verso di me, il volto sorretto dalla mano.

"Riguardo le foto scattate oggi al labirinto."

"Hai fotografato anche me?"

Quando mi voltai e lo trovai a guardarmi con uno dei suoi sorrisi strafottenti, scossi la testa con una piccola risata. "Non più degli altri."

Aveva i capelli ancora umidi dalla doccia e il mio sguardo venne intrappolato da una gocciolina d'acqua. La guardai scendere lungo il collo fino a scomparire oltre l'orlo della maglia. Riportai nervosa lo sguardo sullo schermo, ma le fotografie avevano perso ogni attrativa, così mi voltai di nuovo verso Aron e lo trovai ancora intento a osservarmi, il volto in mezzombra e la fronte scoperta.

Mi aveva detto che se volevo qualcosa dovevo solo chiedere e sapevo di trovarmi a un soffio dal farlo.

Si sistemò una ciocca umida dietro l'orecchio e poi allungò lo stesso braccio e con l'indice premette il pulsante della macchinetta, spegnendola. Fissai lo schermo nero per qualche istante, uno, forse due, e proprio quando stavo per parlare, Aron si spinse in avanti e le sue labbra esaudirono la mia richiesta prima ancora che potessi farla.

Era insistente, quel secondo bacio, come se adesso che il primo era stato tolto di mezzo, non c'era più bisogno di mantenere nemmeno quel briciolo di timidezza.

Finì sotto la mia maglietta, la sua mano, a premere contro la pelle nuda del fianco. Mi sfiorò piano con le unghie, solo un accenno, una promessa di qualcosa di molto più grande, ma bastò per farmi dischiudere le labbra in un mezzo respiro. Quando la sua lingua incontrò la mia pensai che non sarei più riuscita a farne a meno, che se me lo avesse ancora negato, adesso che mi aveva mostrato esattamente cosa mi fossi persa fino a quel momento, non sarei stata in grado di sopportarlo.

Quasi come se mi avesse letto nel pensiero mi allontanò con la presa che aveva sui miei capelli e sentii le guance arrossarsi quando mi spinsi in avanti, gli occhi ancora chiusi, in cerca di nuovo delle sue labbra.

"Non essere avida, adesso", mormorò in quei pochi centimetri di distanza. Aveva un piccolo sorriso all'angolo della bocca che tradiva il tono serio appena usato.

"Aron-", cercai di controbattere, ma venni bloccata dalla sua mano ancora fra i miei capelli, dalla sua voce, da quel sopracciglio sollevato come se stesse rimproverando una bambina ingorda che voleva ancora dolci.

"Ah ah", negò. "Dobbiamo svegliarci presto domani mattina. Hanno deciso di andare al lago."

"Non ho sonno", dissi e forse avrei dovuto provare imbarazzo per la mia disperazione, ma quello era l'ultimo dei miei pensieri.

Aron lasciò la presa sui miei capelli e si allontanò, distendendosi di nuovo sopra il suo sacco a pelo. "Spegni la luce?"

Restai ferma a fissarlo e quando non aggiunse e non fece altro se non sistemarsi meglio, lasciai andare un sospiro.

"Non essere arrabbiata."

Spensi la luce e non risposi.

***

Il senso di pace che mi infondeva la visione del lago era incredibile.

Era una piccola, meravigliosa pozza di acqua cristallina immersa nel verde. La superficie dell'acqua era frastagliata da increspature di luce e i rami degli alberi pendevano oltre le rive, rompendo il letto d'acqua.

Stavo per distendere il telo sull'erba vicino agli altri, quando Aron mi bloccò con una mano sul polso e mi fece cenno con la testa di seguirlo. Per il primo metro mi trascinò poi lasciò andare la presa e il fantasma del suo tocco mi restò addosso sulla pelle.

Lo seguii confusa mentre si allontanava dal gruppo costeggiando la riva. Non ci mettemmo molto a distanziarci, il laghetto non era grande e si poteva vedere a occhio nudo la sponda opposta senza sforzarsi.

Quando le voci degli altri si affievolirono e le loro parole divennero incomprensibili a meno che non urlassero, Aron si fermò, mi prese il telo dalle mani e lo distese sull'erba, a pochi passi dal bordo del lago.

Ci sedemmo.

Aron si mise a osservare l'erba, poi gli alberi fino a perdersi nel vuoto, lo sguardo vago, distante. Vidi la sua espressione cambiare, da placida a dura, un accenno di paura, esitante, le sopracciglia corrugate, le mani agitate.

Sembrava lontano anni luce dal lago e da me, e mi chiesi dove fosse finito, in che ricordi, in che pensieri.

"Perché ci hai portato fino a qui?", chiesi allora.

Aron sbattè le palpebre un paio di volte, come se la mia voce lo avesse riportato nel momento presente.

"Al Circolo mi avevi chiesto una cosa." Con quelle parole ruppe il silenzio. "E io ti avevo promesso che in vacanza ti avrei accontentata."

Sentii il cuore accellerare il battito, sorpreso, forse impreparato, colto alla sprovvista.

"Vuoi ancora conoscere la mia storia?"

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