***Capitolo 40: Crepa

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Tornare alla galleria d'arte di Lancaster Street fu strano. Quasi mi aspettavo di entrare e vedere ancora appesi il quadro col labirinto o il piccolo dipinto nero, ma al loro posto c'era una serie di tele così grandi da occupare quasi tutta la parete.

Ufficialmente il tema della mostra era sulla messa a nudo delle emozioni umane. Aron mi aveva confidato che andava inteso letteralmente. William - l'artista dietro i quadri - aveva deciso di rappresentare le sei emozioni primarie e aveva ingaggiato sei persone diverse per farlo. Aveva assegnato ad ognuno un'emozione diversa e dato loro modo di viverla attraverso un filmato.

Ne prendeva uno alla volta, lo sedeva in una sedia al centro del suo studio e gli faceva guardare un video legato a ciò che faceva provare loro gioia o rabbia o disgusto in base all'emozione che gli era stata assegnata. Poi usciva dalla stanza, concedendogli la privacy per spogliarsi, colorarsi il corpo con la pittura e fare ciò che voleva con la tela che lasciava vuota sul pavimento - rotolarci sopra, camminarci, baciarla, tutto era permesso, perfino prenderla a pugni e schiaffi e romperla nel caso della rabbia.

L'unica istruzione era di rappresentare l'emozione usando come strumento soltanto il proprio corpo e non il pennello. Quello lo usava William in seguito, quando ritornava su ogni tela, solo nel suo studio, utilizzando le forme astratte create dai corpi nudi come base per interpretare lui stesso l'emozione.

Sembra abbia mandato giù una pastiglia di acido di troppo prima di prendere in mano il pennello era stato il commento di Aron. Ma William era uno dei talenti scoperti personalmente da lui quindi sapevo che le sue parole mancavano di malizia.

Il telefono cominciò a vibrare contro la mia tasca. Ringraziai la me stessa del passato che aveva deciso di metterlo in silenzioso e lo tirai fuori discretamente, notando il nome di Rose sul display. Lanciai un'occhiata ad Aron e lo trovai ancora immerso in una conversazione con William, così mi allontanai.

Fuori il sole del primo pomeriggio era accecante e rendeva difficile vedere lo schermo. Lo coprii col palmo della mano e dopo un paio di tentativi riuscii ad accettare la chiamata.

"Pronto?"

"Jane! Ciao! Sei impegnata?"

"Più o meno." La mostra era piccola, soltanto sei quadri. Non ci avevamo messo molto per completarla, ma poi ci eravamo persi in conversazioni con gente disparata, visitatori, colleghi di lavoro, altri artisti che volevano parlare con Aron o William. Non sapevo quanto ancora Aron volesse restare. "Perché?"

"Stiamo andando al centro commerciale."

"Chi?"

"Io, Ethan, Caleb e Simon. Vuoi unirti?" Esitai un momento di troppo e Rose continuò: "Sei con Aron? Porta anche lui."

Mi imbronciai, improvvisamente sulla difensiva senza sapere nemmeno bene il perché. "Perché dovrei essere con Aron?"

"Noi partiamo ora", mi ignorò."Se volete raggiungerci ci troviamo lì."

Mentre mettevo il telefono in tasca, sentii la porta chiudersi alle mie spalle e poi una mano sulla spalla che mi fece voltare.

"Tutto okay?" Aron lasciò cadere la mano, il bel viso illuminato dal sole, la fronte scoperta, gli occhi verdi socchiusi per il riflesso.

Annuii. "Era Rose. Voleva sapere se volevamo raggiungerla al centro commerciale. Sta andando ora con gli altri."

"Oh." Aron corrugò le sopracciglia, come se la decisione fosse particolarmente complicata, poi lanciò un'occhiata alle sue spalle, verso la porta ora chiusa. "Direi che li ho intrattenuti abbastanza", disse. "Più di quanto mi pagano per farlo."

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