***Capitolo 52: Punti di sospensione

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"L'amore, era la sua convinzione, doveva arrivare tutto d'un colpo, con grandi tuoni e lampi - uragano celeste che piomba sulla vita, la sconvolge, strappa le volontà come foglie morte, trascina l'intero cuore nell'abisso.

Non sapeva che sulle terrazze delle case la pioggia forma larghe pozze quando le grondaie sono ostruite, e così restò tranquilla sinché non le toccò di scoprire d'improvviso una crepa nel muro."

Gustave Flaubert (Madame Bovary: Parte II, cap. IV)

Il sogno arrivò pochi giorni dopo quella fatidica sera nell'appartamento numero 13.

Non pensavo sarebbe diventato un sogno ricorrente la prima notte che sognai di perdermi dentro il labirinto.

Iniziava sempre uguale: esattamente come era accaduto nella realtà, io ed Aron stavamo camminando insieme tra i corridoi bui del labirinto; e terminava anche sempre allo stesso modo, con Aron che scompariva ed io che correvo tra le siepi chiamando il suo nome, incapace di trovare l'uscita, sempre più angosciata con ogni svolta cieca che prendevo e con le siepi che soffocanti si stringevano su di me, finché non finivo inglobata in un'oscurità talmente nera e densa che l'unica cosa che mi svegliava era il fatto che smettessi di respirare. Mi ritrovavo sul letto, boccheggiante, il cuore a mille, e consapevole che anche per quella notte non avrei dormito più.

Ed era proprio in quelle notti insonni che mi ricordavo di un piccolo quadro nero.

"Cosa ti piace?", gli avevo chiesto quando lo avevo trovato intento a guardarlo.

"Guardalo bene", aveva risposto. "È stato dipinto con pennellate circolari e al centro il colore è stato calcato di più e le pennellate sono più cariche e più spesse, così da risultare in rilievo. Leggi il titolo. Rappresenta la disperazione. Quando sei nella più totale disperazione e vedi tutto nero e pensi che ormai non ti possa accadere nulla di peggiore, che ormai hai toccato il fondo, ecco che il vortice in cui sei caduto si apre di nuovo e ti trascina ancora più in basso, ancora più a fondo, e l'oscurità totale che ti avvolge diventa così reale che la puoi toccare, la puoi percepire."

E poi qualche volta - quando il vento scuoteva con troppa violenza gli alberi e la pioggia mi impediva di uscire di casa e il tormento sembrava raggiungere apici insostenibili - cedevo e chiamavo il suo numero e la fredda voce meccanica mi ricordava che quel numero ora era inesistente, e allora immaginavo di scrivergli una lettera, anche se non sapevo dove si trovasse, in quale paese o città, se fosse vicino o dall'altra parte del mondo.

Aron, scrivevo in quella lettera senza indirizzo, hai rovinato il mare per me, e le stazioni, e forse anche le fragole.

Mi bloccavo ogni volta, incapace di scrivere oltre in quella lettera immaginaria, perchè il male al centro del petto doleva con un'intensità insopportabile di fronte alla cruda e inconfutabile verità: Aron era irraggiungibile per me - per tutti noi - e nessuna chiamata o lettera, immaginaria o reale, lo avrebbero mai trovato.




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