***Capitolo 36: Cinque passi

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Avviso🔞: questo capitolo e il prossimo contengono scene mature. Se non fa per voi quando arrivate al punto sentitevi liberi di saltare.

(dopo questo avviso smetterò di avvisare per eventuali scene mature nei capitoli futuri perché queste interruzioni rompono il flow della storia, ma vale lo stesso discorso: se non volete leggerle, passate avanti)

Buona lettura x

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Non faceva freddo. Era una notte di mezza estate e l'aria era tiepida anche senza sole.

Eppure quando Aron alzò un braccio facendomi cenno di avvicinarmi, non esitai ad annullare la distanza e appoggiai la testa nell'incavo tra il suo collo e la spalla.

Non faceva freddo, ma la temperatura della sua pelle sulla mia guancia sembrò scaldarmi dentro, lì dove ancora rimaneva qualche rimasuglio di freddo dopo tutti i segreti di cui mi ero liberata pochi minuti prima. Metaforicamente spogliata, ora stretta contro il suo fianco mi sentivo di nuovo vestita.

"Jane."

"Mhm", mugugnai strofinando la guancia contro il tessuto della maglietta per sentire il suo profumo. Eravamo seduti per terra con le schiene contro il muretto ed ero talmente comoda che non volevo spostarmi per nulla al mondo.

"Ho deciso che voglio aiutarti", disse, passando piano le dita tra i miei capelli. "La vita è bella anche se non vissuta al limite. Lo conosci il detto? La bellezza sta nelle piccole cose. Non è solo un detto, sai? È davvero così."

Alzai la testa dalla sua spalla e guardai il suo viso nella penombra, l'ombra delle ciglia riflessa sugli zigomi, dietro le sue parole una promessa talmente grande che Aron nemmeno si rendeva conto di quanti dei miei desideri racchiudesse. Una vita semplice. Calma. Appagazione nelle cose tranquille.

"Come mi aiuterai?", osai chiedere.

"Ancora non lo so." Ricambiò il mio sguardo. "Ma per il momento devi promettermi una cosa." Si alzò in piedi invitandomi a fare lo stesso. "Vieni qui."

Lo seguii confusa mentre si dirigeva verso il lato opposto, proprio verso l'unico piccolo pezzo senza muretto, dove il pavimento del tetto finiva a strapiombo sul vuoto se non per una bassa rete di ferro.

Aron allungò una mano, mi prese per il polso e mi posizionò davanti a lui, a un paio di passi dallo strapiombo. Poi mi circondò la vita con le braccia e posò il mento sulla mia spalla, combaciando il suo petto con la mia schiena.

"Se non ci fosse quella rete tu ti avvicineresti ancora di più, non è così? Andresti vicino vicino per sentire le vertigini qui", mormorò sottovoce contro il mio orecchio, premendomi il palmo contro lo sterno. Chiusi gli occhi. Annuii. Li riaprii e fissai le luci della città attraverso i quadrati della rete. "Invece da adesso in poi dovrai fare un'altra cosa. Mettiamo una regola."

"Una regola?", chiesi rabbrividendo quando mi sfiorò l'orecchio con le labbra.

"Mh-hm. La chiamiamo la regola dei cinque passi. Ogni volta che ti trovi in una situazione simile a questa, invece di cedere e superare il limite, fai cinque passi indietro. Voglio che tu stia a cinque passi da qualsiasi cosa pericolosa, okay?" Annuii di nuovo. "Okay. Proviamo." Strinse la presa sulla mia vita e cominciò ad indietreggiare portandomi con sè. "Conta per me. Uno..."

"Due." Secondo passo indietro. "Tre. Quattro." Guardai la distanza dei nostri piedi dal bordo aumentare. "Cinque." La differenza di distanza era minima, ma infinita allo stesso tempo.

"Brava", mi complimentò e il tono basso che usò per un momento mi fece mancare la terra sotto i piedi, come se invece di essermi allontanata dal bordo mi fossi sporta giù. "Ora promettimi che ogni volta userai questa regola." Annuii di nuovo, ma lo sentii scuotere la testa. "No, usa le parole. Voglio sentirti mentre lo dici."

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