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Chi dà lucerischia il buioEugenio Montale

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Chi dà luce
rischia il buio
Eugenio Montale




🫀




Con le dita lungo la vetrata pulita rincorsi l'ennesimo fiocco di neve che, provenendo dal cielo, si esibì in una danza così elegante e leggiadra da risultare ipnotica. Poi però, quando altri fiocchi sopraggiunsero a rubargli la scena, lui si adagiò sul suolo; terminò il suo momento di gloria ed attese gli altri con una pace calma e silenziosa, a tal punto che la mia pelle olivastra si ricoprì di brividi. La sua vita era stata breve, eppure sembrava essere soddisfatto dell'attimo vissuto senza pensare che magari sarebbe potuto essere più lungo e duraturo. Infondo era solo un batuffolo di freddo e gelo, che sentimenti poteva avere? E io? Che sentimenti potevo avere dato che le persone mi vedeva esattamente così?

Il cardigan mi scivolò sul braccio, ma non me ne curai mentre seguivo il percorso di un altro bocciolo che danzava un valzer con il vento.

La sera prima, quando ormai avevamo risolto il disguido tra noi, eravamo tornati alla baita con la moto di Harry, io però mi ero addormentata durante il tragitto, forse grazie al casco integrale che mi aveva offerto un buon riparo dal freddo o al suo calore che mi aveva deliziata sin dall'inizio. Fatto sta che non mi ero svegliata fino a quella mattina, saltando quindi la cena della Vigilia per aprire gli occhi direttamente a Natale. Ero stata messa a letto con i vestiti della sera prima, tranne per i jeans che mi erano stati sfilati, poi piegati e infine riposti nel cesto dei panni sporchi. Ora vi starete chiedendo, chi è il pazzo che non lancia in maniera casuale gli indumenti nella roba da lavare ma li piega? Sicuramente il mio fidanzato, visto che mi era stato anche applicato un cerotto abbastanza largo sul taglio ed Harry era troppo geloso per far toccare il mio inguine da qualcuno che non fosse lui.

Un po' frastornata, mi ero alzata per lavarmi e vestirmi, cercando di restare il più comoda possibile visto che spesso e volentieri delle fitte provenienti dal basso ventre mi costringevano a contorcermi. Proprio per questo avevo indossato dei pantaloncini viola, simili a quelli dei boxer, un reggiseno nero che avevo trovato nelle buste e che, fortunatamente, non era scabroso come gli altri, un cardigan di lana e dei calzettoni caldi e buffi, nonostante io non li sopportassi senza le scarpe. Mi ero raccolta i capelli in una crocchia che ormai aveva vita propria e mi ero recata alla finestra, dove me ne stavo ad osservare l'esterno in una bolla di solitudine.

Non ero ancora scesa di sotto perché non ero affatto pronta alle domande che riguardassero il come stessi e alle occhiate preoccupate che mi avrebbero accompagnato per tutta la giornata. Per di più, avevo fatto un brutto sogno nel mio lungo riposo e uno strano malessere mi si era calato addosso.

Mi voltai quando non fui abbastanza distratta da non sentire uno sguardo marchiarmi la parte di schiena ormai scoperta grazie al cardigan calato.

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