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Odi et amo

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Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
CATULLO





🫀

Forse con voi ho parlato una volta o poco più, non ricordo, scusate, colpa dell'età avanzata o della mia testa distratta.

Sapete chi io sia, nonostante le riviste non parlino di me accanto al nome Harry Styles, "perché il fatto che tu l'abbia cresciuto non conta se sei una domestica", almeno è questo che mi sento dire da tutta la vita.

Comunque, non sono qui per parlarvi di questo ma di quello che è successo dopo che Kim ha "scelto" di allontanarsi da Harry. Dopo che si è illusa di poter essere lei a condurre questa partita quando, si sa, che l'unico che controlla il gioco è la matta.
Amore mischia le carte e offre le pedine, nonostante gli sforzi vani del giocatore, tutto finisce sempre come ha previsto.

La giovinezza illude di essere invincibili, di poter toccare il cielo con un dito o di poter vincere la lotta contro i mulini a vento, eppure non è una leale giocatrice. Cela la realtà con un velo così sottile da non poter essere percepito a occhio nudo, cosicché le vittime possano rintanarsi nella ragnatela di convinzione che tesse con maestria.

Kim ed Harry erano stretti tra le braccia della giovinezza, regina e re che avevano commesso l'insulso errore di porsi l'uno contro l'altra e ora ne avrebbero pagato le conseguenze.

Quella notte sentii il mio telefono vibrare, assonnata mi sollevai leggermente dalla posizione in cui giacevo e mi convinsi che fosse qualche sveglia che non avevo disattivano, ma vibrò nuovamente. Mi alzai stanno attenta a non sbattere contro qualsiasi cosa e i miei piedi nudi marchiarono il pavimento lucido di casa mia fino in cucina, poi risposi, sicura che la telefonata non avrebbe svegliato nessuno.

-Sono fuori-.

Quella voce l'avrei riconosciuta tra mille.

Corsi fino all'entrata e tolsi l'allarme con le mani tremanti e il cuore in gola. Da quando era lì fuori? Mentre la chiave girava nella serratura il rumore di una tempesta mi travolse, possibile che piovesse già da prima? Il sonno mi aveva ovattato le orecchie e preluso l'utilizzo completo dei sensi.

La porta si aprì e lo vidi sull'uscio, bagnato fradicio e con gli occhi gonfi. -Che succede?-, lo tirai per la manica così da farlo entrare. Avanzò come un robot fino al salone, dove intravide il suo riflesso nel vetro di una finestra socchiusa. Si osservò in silenzio per pochi istanti, poi si voltò verso di me. -Mi dispiace...-, iniziò, -non volevo bagnare tutto, io...-, la voce rotta mi destabilizzò.

"Calmati Anne" pensai, "non farti prendere dal panico, sta bene".

Presi tanti asciugamani caldi, una tuta pulita da camera sua e una coperta. Sperai di riuscire a convincerlo a fermarsi a dormire a casa mia, nella sua stanza. Era la prima che avevo arredato e ideato, accanto a tutte quelle dei miei altri figli.

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