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Non è Dio che ci manda all'inferno

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Non è Dio che ci manda all'inferno. Siamo noi che volontariamente ci andiamo.


🦂


Il sole filtrò dalle finestre che la notte prima avevo lasciato aperte e i raggi luminosi mi colpirono senza pietà.

Avvolta ancora dal torpore del sonno, strinsi di più le palpebre tra loro, come quando in Italia ignoravo le urla di mia madre che mi intimavano di alzarmi, per godermi quei miei agognati cinque minuti in più di pace. Ma, ovviamente a discapito mio, le tende erano completamente scostate e se pure mi fossi voltata dall'altro lato, la luce prepotente del mattino mi avrebbe raggiunta comunque.

Strinsi nei pugni il piumone e me lo portai sulla testa in segno di protesta, mentre piano piano aprivo gli occhi ancora pesanti.

La notte prima era stata così intensa che ancora mi tremava il cuore al pensiero di cosa fosse successo. Non solo mi ero concessa ad Harry in una landa desolata, ma quando eravamo tornati a casa, ero stata investita da tutta la sua veemenza e ci eravamo trovati a farlo ancora e ancora, fin quando ero crollata esausta tra le sue braccia possessive.

Pian piano scostai le coperte e rimpiansi il clima freddo del Vermont. Ovviamente non eravamo stati in condizione di tornare lì, quindi eravamo rimasti a LA con la consapevolezza che l'indomani, oggi per me, saremmo dovuti tornare per festeggiare il capodanno con tutti gli altri, che erano ancora alla baita a sonnecchiare tranquilli e spensierati.

Consapevole quindi del viaggio imminente, mi voltai verso il lato del letto di Harry e fui abbastanza sorpresa di trovarlo vuoto. Tastai le mani sulle lenzuola per scoprirle fredde. Che strano! Di solito ero io quella che si alzava prima e poi doveva subirsi i richiami del fidanzato insaziabile.
Chiusi gli occhi e li aprii di nuovo, ma lui davvero non c'era e, forse per la prima volta, un po' di ripensamenti mi assalirono. "Ora che ha avuto ciò che vuole" mi dissi, "non gli servi più", ma poi scossi la testa e mi arrabbiai con me stessa. Non potevo permettere ai pensieri intrusivi di insinuarsi nella mia mente solo perché si era alzato prima! Un po' di buon senso e sicurezza!

Pian piano mi alzai e il dolore mi assalì il corpo come se qualcuno mi avesse presa a calci per ore intere. Le mie stesse gambe minacciarono di abbandonarmi e io, goffa com'ero, mi ritrovai ad appendermi alle tende per mantenere un minimo di equilibrio ma, indovinate?! Essendo fatte di stoffa, ovviamente, non ressero e mi ritrovai a cadere rovinosamente contro il pavimento in marmo. Dannazione!

Rimasi immobile lì per pochi secondi, giusto il tempo che qualcuno spalancasse la porta della camera e mi afferrasse da sotto le ascelle per rimettermi in piedi, o almeno ci provò, ma di nuovo venni meno e quindi fui costretta a sedermi sul nostro letto sfatto.

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