46- Pioggia

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21 maggio

Emilia, sdraiata sul divano di casa, scrollava annoiata la home di Instagram.

Fuori infuriava il temporale e il rumore della pioggia scrosciante di mescolava di tanto in tanto a quello di tuoni così forti che sembravano capaci di far tremare il palazzo.

Quando avvertì le chiavi girare nella toppa, sollevò lo sguardo dallo schermo.

"Ciao".

"Ciao" rispose suo padre, di rientro dal lavoro con ancora indosso la divisa. "C'è una pioggia fuori".

"Ho visto".

Emilia tornò a concentrarsi sul cellulare, rimandando il momento in cui gli avrebbe parlato. L'ansia le divorava le viscere e la riversava in quello scrollare continuo e incessante, riempiendosi la testa di contenuti futili che avrebbe dimenticato nel giro di pochi secondi, per poi guardarne altri, in un circolo vizioso.

"Papà, ti posso parlare?".

Giovanni, che era già in camera da letto, tornò in salotto con indosso una tuta. "Sì, dimmi".

La ragazza trasse un profondo respiro.

"Ho sentito la zia".

Vide il volto del padre rabbuiarsi.

"A me piacerebbe scendere giù, anche per poco" mormorò. "Sono passati un bel po' di anni dall'ultima volta che li ho visti e mi mancano".

"Non mi sembra il caso".

L'uomo di diresse in cucina, trascinando le ciabatte sul pavimento, lasciando Emilia con una manciata di parole che per lei non rappresentavano nulla.

Restò ferma in salotto, la voglia di lasciar perdere quella discussione e il bisogno di trovare spiegazioni che lottavano dentro di lei. Sentì che, qualsiasi cosa avesse deciso di fare, sarebbe stata sbagliata in egual modo.

"Perché non posso vederli? Anche loro sono la mia famiglia, papà".

"Emilia, non ho voglia di discutere".

La ragazza lo raggiunse in cucina, con il cuore che batteva all'impazzata per l'adrenalina e la paura.

"E invece ne discutiamo".

Giovanni si voltò come una furia e batté una mano sul tavolo così forte da farlo tremare. Emilia sentì il cuore arrivarle in gola.

"Tu quelli là non li vedi, punto. È inutile che rompi le palle, io da loro non ti ci mando".

"Ma perché? Io non capisco e ogni volta che provo a parlartene inizi a urlare, peggiorando solo le cose".

L'uomo alzò l'indice con fare minaccioso. "Ci sono cose che non c'è bisogno che tu capisca".

"Smettila di trattarmi come se fossi una bambina" strillò la ragazza. "Tu non hai rispetto della mia volontà, non hai rispetto di me".

"Emilia, ora non farmi incazzare sul serio" urlò il padre. "Fai sempre quello che vuoi in questa casa, esci quando vuoi, torni quando cazzo di pare, quindi ora non venirmi a dire queste cose".

"Tutti i miei amici escono, papà, cos'è, dovrei ringraziarti perché non mi tieni chiusa in casa come una suora di clausura?".

"E allora di cosa ti lamenti, Cristo santo, cos'hai da lamentarti?".

Emilia iniziò a piangere, colma di rabbia e sconforto. "A te sembra normale costringermi a non vedere la famiglia di mamma?".

"Ho i miei motivi e tu ti devi stare zitta e ascoltarmi".

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