17 aprile- Pomeriggio
Dopo le prove, Emilia e Federico avevano scoperto di abitare entrambi nel quartiere San Salvario, in due vie poco distanti. Tornare a casa insieme era quanto di più ovvio potesse accadere ed Emilia aveva tirato un sospiro di sollievo quando Giorgia Gerbaudo, una ragazzina del primo anno, aveva chiesto di potersi unire a loro, così da non fare la strada da sola.
Era Federico a reggere la conversazione e sembrava perfettamente a proprio agio in quei dialoghi privi di importanza. Con la sua attitudine da politico, riusciva a vendere il più inutile degli argomenti come fosse un verso del vangelo e a intrattenere le persone senza sforzo alcuno. Giorgia pendeva dalle sue labbra: era raro che gli studenti del primo anno ricevessero considerazione da quelli del quinto, ma Federico non era il tipo di persona irrispettosa che si rivolgeva a qualcuno con aria di superiorità soltanto perché più piccolo.
Le strade che percorrevano racchiudevano tutta l'essenza di Torino. San Salvario era il connubio perfetto di bellezza e bruttezza: sporcizia e creatività si scontravano con l'austerità e la riservatezza sabaude dei palazzi e per la via era facile incontrare una signora imbellettata tanto quanto un artista strafatto.
Era vivace e contraddittorio. Ed Emilia amava vivere in un luogo in cui era libera di non definirsi.
"Raga, io devo andare di là".
Giorgia si fermò ad un incrocio ed Emilia ebbe un sussulto. Non aveva tenuto in conto che la ragazza potesse cambiare strada prima dell'arrivo a casa ed ebbe l'istinto di fermarla.
"Grazie per aver fatto la strada con me. Ci vediamo alle prossime prove".
Salutò i due con un sorriso allegro e girò sui tacchi, lasciandoli da soli in mezzo all'incrocio confusionario. Emilia si guardava attorno, distratta, come se non avesse mai visto quelle vie e trovasse i palazzi una novità estremamente interessante. Non vedeva l'ora di tornare a casa, ogni minuto del pomeriggio sembrava interminabile.
"Via Ormea alta, giusto?" domandò Federico.
La ragazza annuì e si incamminarono in quella direzione. Il marciapiede rovinato costeggiava una fila di macchine parcheggiate e, di tanto in tanto, facevano capolino dei grossi bidoni dell'immondizia colorati, che diffondevano una puzza insopportabile. Lo spazio per i pedoni era così stretto che le loro braccia si sfioravano.
"Conosci l'ex Cinema Bianchi?".
Emilia scosse il capo e Federico aggiunse: "Cioè, sei di San Salvario e vuoi farmi credere che non sei mai andata lì a bere o a imboscarti con Costantini?".
La ragazza rise imbarazzata e distolse lo sguardo. "Proprio perché sono di San Salvario e ho casa qui vicino non ho bisogno di posti strani in cui andare con Andrea".
"Giustamente" rispose Federico, ridendo. "Comunque scherzo eh, in realtà ci si va più che altro per bere e fumare, perché gira sempre un po' di gente".
Camminarono per alcuni metri, in silenzio, finché il ragazzo non scorse qualcosa di familiare e arrestò il passo.
"Ti va di vederlo? È qui".
Indicò con la mano un vicoletto alla sua destra ed Emilia si affacciò titubante. "Perché dovrebbe interessarmi un posto dove la gente va ad alcolizzarsi?".
"Perché ha una vista che è uno spettacolo".
Emilia restò col fiato sospeso. Sapeva che trascorrere altro tempo con Federico avrebbe peggiorato il suo stato d'animo, rendendola ancor più colpevole e ridicola. Però era curiosa. Curiosa di sapere come sarebbe andata.
"Va bene, andiamo".
Svoltarono nella traversa, così stretta che i palazzi lasciavano intravedere solo un rettangolo di cielo. La puzza di piscio di gatto rendeva l'aria irrespirabile.
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...