48- Se non ti volessi bene

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27 maggio

Camminando per le strade di San Salvario con una piantina tra le mani, Emilia sentiva il cuore battere all'impazzata.

Aveva trascorso un'ora al vivaio, girovagando curiosa alla ricerca della pianta più opportuna da regalare alla mamma di Federico. Voleva ringraziarla per l'aiuto che le aveva dato e, nonostante considerasse quell'idea regalo banale, le sembrava comunque la migliore tra tutte quelle che le erano venute in mente.

Ogni passo alimentava l'agitazione che le fremeva dentro. Quando aveva percorso quella stessa strada pochi giorni prima era in preda al delirio e alla disperazione; la razionalità con cui si stava presentando a quella porta ora, invece, rendeva tutto più difficile.

Quando raggiunse il palazzo, si immobilizzò di fronte ai citofoni. Sotto il sole delle quattro del pomeriggio, la via non sembrava ostile come le era parsa la prima volta. Era solo una via come tante altre, vivace e rumorosa come quelle di tutto il quartiere.

Trasse un profondo respiro e suonò al citofono.

"Chi è?".

Esitò alcuni istanti. La voce di Patrizia la catapultò a quella sera, provocandole una scossa che le risalì come un serpente lungo tutta la spina dorsale.

"Salve signora Patrizia, sono Emilia, l'amica di Federico".

Chiuse gli occhi, quasi quel gesto le potesse impedire di ascoltare la risposta. L'idea di incontrare di nuovo quella donna la metteva in agitazione.

"Ciao Emilia, cerchi Federico? Non c'è ancora, però se vuoi sali".

"Oh, non importa" borbottò, fingendosi stupita. "Volevo dare una cosa a lei, in realtà".

Sentì una risata dall'altra parte della cornetta e subito lo schiocco del portone segnalò che era stato aperto.

"Vieni pure, stella".

Emilia aveva scelto di proposito un pomeriggio in cui sapeva che Federico non sarebbe stato a casa. Era uscito con Simone e lei, consapevole di ciò, ne aveva approfittato. Da quella mattinata a casa sua, lo aveva evitato come la peste. Nonostante il ricordo di quel momento fosse dolce e piacevole, nei giorni successivi a prevalere erano stati i sentimenti negativi; si sentiva in colpa per ciò che aveva fatto a Denisa, ma, soprattutto, era divorata dalla vergogna per essersi dichiarata innamorata e non aver ricevuto alcuna risposta. Ogni volta che lo aveva incrociato nei corridoi, avrebbe solo voluto sprofondare nel pavimento.

"Ciao, Emilia". Patrizia era sulla porta, con abiti da giorno semplici, ma eleganti, e un sorriso smagliante stampato in volto. Il suo viso era piccolo e spigoloso e quella bocca grande sembrava riempirlo tutto.

La ragazza sorrise imbarazzata. "Salve".

"Vieni, entra pure".

Il salotto era come lo ricordava: ordinato, minimale, accogliente. Il senso di familiarità era ancora più forte della prima volta.

"Ti preparò un caffè, un the?" domandò la donna dalla cucina.

Emilia avrebbe solo voluto una camomilla, ma non le sembrava opportuno chiedergliela.

"Va bene un the, grazie".

Era seduta sul bordo del divano tutta impettita, con la pianta sulle ginocchia. Al cospetto di quella donna tanto raffinata, aveva paura che qualsiasi movimento potesse rivelarsi sbagliato.

Patrizia tornò con due tazze fumanti e alcuni biscotti.

"Grazie mille, è sempre molto gentile" disse Emilia. "Io sono venuta per darle questa, volevo ringraziarla per quello che ha fatto per me la sera scorsa".

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