15 aprile
"Ciao Giulio, hai mica visto Alessia?".
Il ragazzo scosse la testa, liquidando Emilia con sufficienza. Non avrebbe voluto rivolgersi a lui, ma nella confusione di quel diciottesimo enorme, dove ben tre ragazzi della squadra di calcio avevano deciso di festeggiare insieme, invitando quasi tutta la scuola, aveva perso di vista le sue amiche e pur di trovarle era disposta a rivolgersi anche ai suoi acerrimi nemici. Giulio era nella sua sezione e tra loro non scorreva buon sangue da quando, in seconda superiore, lui le aveva dato alle spalle della "Stronzetta presuntuosa" e lei lo aveva umiliato con una strigliata davanti a tutta la classe.
Era stordita dall'alcol. I volti delle persone sembravano confondersi l'uno con l'altro e il senso di inquietudine che provava si faceva sempre più intenso. Ritrovarsi da sola a una festa la terrorizzava, soprattutto dopo aver bevuto. I demoni del suo passato tornavano a farle visita e temeva di poter essere presa con la forza da un momento all'altro e baciata senza il suo consenso.
"Chiara, ciao".
Prese per il braccio una ragazza con un caschetto biondo ed ella si voltò perplessa. "Oi, ciao Emilia".
Si scambiarono due baci sulle guance, con affettazione.
"Hai visto Ale o Denisa Dervishi, Rebecca Francesi?".
"No, mi spiace".
"Tranquilla".
Salì sulle punte dei piedi, sperando di avere una visuale migliore, ma non cambiò nulla. Il locale aveva l'aspetto di un'antica cantina medievale e, nonostante le luci stroboscopiche e i festoni dai colori scintillanti, era avvolto da una certa oscurità. Non vedeva nemmeno Elia e Andrea, che, quasi sicuramente, erano in compagnia dei festeggiati, che a loro volta sembravano essersi volatilizzati nel nulla.
Venne colta dal sollievo quando scorse Ruben, che parlava con Federico.
Si fece largo tra le persone, sgomitando, e raggiunse i due ragazzi con la foga di un naufrago che avvista terra ferma.
"Raga, avete visto Ale, Rebi e Denisa?".
Ruben le rivolse appena un'occhiata. "No".
Federico non disse nulla. Era pallido, aveva gli occhi chiusi e i capelli appiccicati alla fronte sudata.
Ruben lo colpì con uno schiaffo in faccia. "Boca, sveglia".
Il ragazzo aprì gli occhi, ma li richiuse subito e le gambe gli cedettero.
"Oh, merda". Ruben lo afferrò per le ascelle, cercando di tenerlo in piedi.
Emilia schiuse la bocca. "Ma quanto ha bevuto?".
"Tanto". Il ragazzo portò un braccio di Federico attorno alle spalle e si incamminò verso l'uscita fumatori del locale.
"Aspe, ti aiuto".
"No, Emilia, non è il caso".
La ragazza lo ignorò e tenne Federico per la vita.
Lo accompagnarono fuori e lo fecero sedere sull'asfalto, con la schiena appoggiata alle transenne. Decine di altri ragazzi erano lì fuori e chiacchieravano rumorosamente, avvolti da nuvolette di fumo.
Ruben si inginocchiò e gli colpì di nuovo il viso. "Cazzo, Fede, ci sei?".
Emilia venne colta da una vertigine. Si appoggiò alla transenna e trasse dei profondi respiri, sforzandosi di allontanare il senso di stordimento provocato dall'alcol. Le orecchie le fischiavano e i battiti del cuore erano accelerati.
"Emi". Ruben le tirò l'orlo della gonna. "Per favore, vai a prendere un bicchiere d'acqua e, se ce n'è ancora, del cibo".
La ragazza annuì e si precipitò all'interno del locale, sgomitando tra le persone per raggiungere il tavolo del buffet. C'erano ancora delle pizzette e delle focaccine e prese con sé tutto il vassoio, insieme a una bottiglia d'acqua bevuta per metà.
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...