Torino, due anni prima
Nel giorno del dibattito tra le liste candidatesi alla rappresentanza d'istituto, al liceo classico Massimo d'Azeglio si respirava un clima di guerra aperta. Dopo un mese di campagna elettorale, i candidati si sarebbero scontrati faccia a faccia, cercando di portare dalla propria parte, a suon di promesse e retorica, quanti più elettori possibili.
Per due anni di fila aveva avuto il monopolio della rappresentanza la lista di Carlo Gobetti, studente del quinto anno e celebrità della scuola, che si era conquistato la stima dei compagni grazie a feste d'istituto a tema e alla promessa che, entro la fine della sua carriera da liceale, sarebbe riuscito a organizzare un prom nella palestra più grande dell'edificio.
"Ciao ragazze, voterete per Gobetti?".
Uno studente mingherlino del primo anno, con in mano un plico di volantini elettorali, si avvicinò a Emilia e Alessia, appollaiate accanto a un termosifone nel corridoio su cui si affacciavano le classi del secondo anno.
"Il voto è segreto, genio" rispose acida Emilia, restituendo il volantino al mittente. Vestita dalla testa ai piedi di grigio e con un'espressione perennemente corrucciata, riusciva a trasmettere a chiunque un certo timore. "Ma poi perché fai lo schiavo di Gobetti?".
Il ragazzo abbassò lo sguardo imbarazzato, scomparendo tra i propri riccioli.
"Mi ha promesso che avrò in eredità la sua lista e che l'anno prossimo potrò candidarmi anch'io" mormorò, senza staccare gli occhi dal pavimento.
Emilia fece roteare gli occhi al soffitto. "Mi dispiace essere così crudele, ma la verità è che ti sta solo usando. Come se non potessi creare tu una lista per i fatti tuoi, poi".
"Dai Emi, smettila". Alessia rivolse uno sguardo compassionevole al ragazzo. "Buon volantinaggio, sono sicura che l'anno prossimo ce la farai a candidarti".
Il ricciolino sorrise imbarazzato e si allontanò incerto, rivolgendo un'ultima, timorosa occhiata a Emilia.
"Perché devi fare la stronza con i più piccoli?" domandò Alessia, incrociando le braccia sotto il seno prosperoso.
Emilia sbuffò. "Gli ho solo aperto gli occhi. Meglio soffrire una volta per una giusta ramanzina piuttosto che vivere per sempre nella bambagia e farsi sfruttare dagli altri".
"Sempre la solita esagerata".
Poco dopo il ragazzino del primo anno, videro passare Carlo Gobetti. Sorrideva e salutava tutti spavaldo, ma la sua postura e il suo sguardo rendevano evidenti la preoccupazione che lo attanagliava.
Per la prima volta in tre anni, Gobetti aveva un avversario alla sua altezza: Federico del Boca, studente del terzo anno, il quale, nel giro di un mese, era riuscito a diventare uno dei ragazzi più popolari della scuola e a conquistarsi un elettorato fedele.
Il rappresentante in carica non avrebbe mai pensato, all'alba del quinto superiore, di dover competere con un ragazzino del terzo e goccioloni di sudore gli colavano lungo le tempie, in attesa del dibattito che si sarebbe svolto di lì a breve in palestra.
Emilia Martucci aveva seguito con grande attenzione la campagna elettorale dei due. Era un'invisibile studentessa del secondo anno, usciva poco, non aveva molti amici e non brillava per particolari qualità scolastiche, ma era una grande osservatrice e aveva capito come poter influenzare gli equilibri politici della scuola.
"Ora vorrei proprio sapere chi è la stronza che ha scritto questo articolo".
Emilia gustò la frase di Gobetti, giunta alle sue orecchie per caso, come una leccornia.
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...