26- Ti spacco la faccia

491 43 73
                                    

24 aprile

"Quel verbo era un futuro".

Emilia sbuffò, il vocabolario di latino sotto il braccio, la giacca di jeans legata in vita e i capelli raccolti in uno chignon disordinato. "No, Ale, ti dico che era un congiuntivo".

"Ma sei di coccio, oh".

Il liceo classico Massimo d'Azeglio era incastrato tra i palazzi del centro di Torino e la strada su cui si affacciava era gremita di studenti, che parlavano e schiamazzavano, felici di aver terminato le lezioni e frizzanti come l'aria primaverile che scompigliava i loro vestiti e i loro capelli.

"Den, diglielo tu che era un congiuntivo" insisté Emilia.

La ragazza rise. "Ma che cazzo ne so, l'avete fatta voi la versione, mica io".

"Rebi, tu che ne pensi?".

Rebecca scosse il capo, i riccioli mossi dalla leggera brezza. "Non ne ho idea, dipende dalla frase".

"Comunque era un congiuntivo".

"None" rispose Alessia. "Era un futuro e considerato il 5- che hai preso all'ultima versione, forse dovresti darmi ragione".

"Sei una stronza a livelli astronomici".

Il clacson di un'auto costrinse gli studenti ad assembrarsi sui lati della strada, per far passare il mezzo.

"Non vorrei interrompere il vostro interessantissimo discorso" esclamò Denisa, dopo aver rivolto una fugace occhiata alla macchina. "Ma alla fine come ci organizziamo per domani?".

"Beh, andiamo alla parata a sostenere Emilia, no?" rispose Alessia, rivolgendo uno sguardo fiero all'amica.

Emilia avvertì un calore espandersi nello stomaco e sorrise, con una spontaneità che non provava da giorni. Era passata una settimana dal pomeriggio al Cinema Bianchi con Federico e, dopo che lei non aveva più risposto ai suoi messaggi, lui aveva smesso di scriverle. Tutto sembrava tornato alla normalità e si sentì serena. Il giorno dopo avrebbe letto un pezzo che aveva scritto alla parata organizzata per festeggiare il 25 aprile, la Festa della Liberazione, e l'idea che le sue amiche sarebbero state lì con lei a sostenerla le riempiva il cuore di gioia.

Guardò Denisa, i suoi occhi leggermente a mandorla che, sotto la luce del sole, brillavano nel loro colore ambra, e vide con chiarezza tutte le caratteristiche che più aveva imparato ad amare di lei: la sincerità, la protezione, l'empatia. Dietro quella ragazza tutta impettita e bella da togliere il fiato, c'era un mondo che aveva esplorato e in cui aveva trovato pace, e decise che Federico non avrebbe potuto privarla di tutto ciò.

"Ovvio che andiamo" rispose Denisa, scuotendo la chioma. "Però mi chiedevo più che altro come ci organizzassimo per dopo. Andiamo a mangiare tutti insieme? Perché nel caso dovremmo prenotare".

Rebecca e Alessia annuirono all'unisono e quest'ultima aggiunse: "Sì, ci sta tantissimo. Ma ci siamo tutti?".

"No". Emilia scosse il capo, rassegnata. "Ovviamente manca Elia, perché va al lago con i suoi amichetti del cazzo di calcio. Ha pure avuto il coraggio di invitarmi e, quando gli ho spiegato quali fossero i suoi piani, mi ha chiesto perché preferissi fare la comunistella in piazza piuttosto che andare con lui".

"Oh Gesù" rispose Denisa "Non ne sono affatto stupita". Tirò fuori dalla tasca il telefono e si mise a cercare qualcosa, le unghie fresche di gel che ticchettavano sullo schermo. "Allora entro stasera chiamo da qualche parte e vi faccio sapere. Per sabato, invece?".

Emilia e Alessia si scambiarono un'occhiata perplessa.

"Ma secondo te penso già a sabato?" esclamò Emilia, ridendo. "È lunedì!".

Felicità PuttanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora