2 maggio
"Secondo voi quanto mi mette?".
"Jess, sei andata benissimo, di che ti preoccupi?".
Emilia rivolse un'occhiata di sottecchi ai compagni, che discutevano le valutazioni di storia.
Nonostante fosse orario d'intervallo, il corridoio del terzo piano era quasi deserto. Ad occuparlo c'era solo una lunga fila di studenti, che attendeva che il professor Raise comunicasse a ognuno di loro i voti delle interrogazioni.
Emilia appoggiò i gomiti al davanzale e guardò il cielo, coperto di nuvole.
"Secondo voi a Martucci quanto dà?".
"Giulio, ti sento".
Il ragazzo sbiancò, ma Emilia non lo degnò di uno sguardo. Nella sua testa non c'era spazio per il rancore che serbava nei suoi confronti. Stava rivivendo a ripetizione, con il cuore palpitante, il bacio che aveva dato a Federico. La sua cotta storica. Il fidanzato della sua migliore amica.
"Giulio, vieni" esclamò Raise.
Mentre sentiva i passi della sua nemesi farsi sempre più distanti, il cellulare vibrò. Sullo schermo comparve una notifica da parte di Ruben
Ruben: -Ciao Emilia, ho visto che sei in corridoio, posso parlarti un momento dopo?-.
La ragazza si guardò attorno e vide Ruben che agitava una mano, in fondo al corridoio.
Ricambiò il saluto con un sorriso e digitò la risposta.
-Ok-.
"Emilia".
La ragazza sobbalzò e si voltò, avvicinandosi incerta a Raise, che scrutava turbato il quadernino su cui annotava l'andamento degli interrogati.
Francesco Raise, nonostante il fisico asciutto e la bassa statura, era capace di mettere in soggezione chiunque. Aveva occhi piccoli e indagatori e l'espressione perennemente corrucciata e, a causa dei suoi lunghi capelli castani, la barba e i sandali per quasi tutto l'anno, era stato soprannominato dagli studenti del D'Azeglio Gesù.
"Emilia, Emilia". Si grattò nervoso il sopracciglio. "Non ci siamo".
La ragazza annuì, abbassando lo sguardo.
"Cioè, non puoi dirmi che le ribellioni dei briganti in Calabria sono una rivolta socialista, non sta né in cielo né in terra, capisci?".
Alcuni ragazzi guardarono nella loro direzione, attirati dalla voce stridula dell'insegnante.
"Il socialismo è un movimento politico, non puoi inserirlo in quel contesto, senza dire nient'altro, tra l'altro".
Sbuffò spazientito, gesticolando teatralmente. Il movimento delle dita ricordò a Emilia quello delle mosche quando sfregano le zampette.
"Emilia, non capisco, davvero, hai tanto potenziale, perché cadi su queste interrogazioni?".
La ragazza rivolse a Raise un'occhiata perplessa.
"Scrivi degli articoli che sono meravigliosi, sai parlare in pubblico con naturalezza, partecipi a un sacco di progetti extrascolastici e tutti mi parlano bene di te, perché non fai vedere anche a me chi sei davvero?".
Emilia non disse nulla, restò immobile, torturandosi le mani dietro la schiena. Non si aspettava che il professore le rivolgesse quelle parole.
"Purtroppo devo darti un 5, ma facciamo un patto?".
Allungò una mano verso la ragazza. "Promettimi che nell'interrogazione di maggio mi fai un'esposizione meravigliosa".
Emilia strinse la mano dell'uomo senza troppa convinzione, abbozzando un sorriso. "D'accordo".

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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...