13 maggio- Porto di Ancona
"Ma no, raga, la nostra stanza è lontanissima dalla vostra".
Ruben incrociò le braccia sul petto e si lasciò cadere contro la parete con aria esausta.
Il corridoio della nave su cui si affacciavano le cabine era stretto e angusto. In quello spazio asfissiante, dove ogni suono era assorbito dalle pareti rosse e dalla moquette dello stesso colore, ogni minimo rumore sembrava sacrilego.
Denisa, appoggiata allo stipite della porta, fece spallucce. "Scambiatevi con qualcuno di una stanza vicina, che ti devo dire".
Federico scrutò l'interno della cabina delle ragazze, occupata da due letti a castello e una specchiera. L'unica fonte di luce proveniva dal piccolo oblò, oltre il quale, come querce secolari, si innalzavano le gru del porto.
Alessia, intenta a legarsi i capelli in due trecce, bofonchiò un saluto, l'elastico in bocca a impastarle la voce. Rebecca, seduta su uno dei letti in alto, si limitò a sorridere, per poi distogliere subito lo sguardo.
"Non ne avete persa una per la via?" domandò Federico, continuando a frugare con lo sguardo nella stanza.
"Emilia è in bagno" rispose Alessia, senza distogliere lo sguardo dal proprio riflesso nello specchio. "È da venti minuti che sta cagando".
"Bugia".
L'urlo di Emilia, chiusa in bagno, fece ridere tutti.
"Tranquilla, non c'è fretta" esclamò Ruben, affacciandosi a sua volta nella cabina e aggrappandosi al braccio di Federico.
"Bastardi".
La porta della stanza che affiancava quella delle ragazze si aprì e sbucò Andrea.
"Bella raga" esclamò, salutando Simone e Ruben con una stretta di mano. "Voi dove avete la stanza?".
"Hai presente Fanculandia?" intervenne Ruben. "Ecco, da quelle parti".
"Va beh, dai, il traghetto non è tanto grande".
Simone scoppiò a ridere. "Tu scherzi, ma ci abbiamo messo almeno mezz'ora a trovarvi".
Federico non prese parte alla conversazione. Dopo aver salutato Andrea con un "Ciao" appena accennato, si era limitato a osservare la scena in disparte, indugiando di tanto in tanto con lo sguardo sul ragazzo. Andrea aveva tagliato i capelli e, senza la sua solita chioma spettinata, sembrava avere qualche anno in più.
"Eccomi".
Emilia uscì dal bagno trafelata e tutti applaudirono.
"Il premio per la cagata più lunga della storia va a" esordì Ruben, facendo arrossire la ragazza fino alla punta delle orecchie. "Emilia!".
"Sei uno stronzo, cazzo" esclamò lei di rimando "Prova a tu a vivere con la Sindrome del Colon irritabile". Allungò un braccio per colpirlo, ma lui riuscì a ritrarsi, e si ritrovò così incastrata tra Federico e Denisa, ai lati della porta.
Si dileguò imbarazzata e subito corse vicino ad Andrea, che le cinse le spalle con un braccio.
Percepì lo sguardo di Federico su di sé, ma lo ignorò, accoccolandosi sul petto del ragazzo.
"Rega, ma che è, un festino?".
Elia sbucò dalla stessa stanza di Andrea e si appoggiò allo stipite della porta con noncuranza. Indossava solo i jeans, teneva le braccia incrociate sul petto, mettendo così in risalto i bicipiti, e un ciuffo ribelle gli ricadeva sugli occhi.
Ruben deglutì rumorosamente. Si passò una mano tra i capelli e si sistemò la maglia, tentando invano di guardare tutti tranne che lui.
"No, ma fa' pure come se fossi a casa tua" esclamò Andrea, con finta stizza.
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...