13- Come imbucarsi a un diciottesimo

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18 marzo

"Raga, siamo quindi sicure al cento per cento che ci faranno entrare?".

Le ragazze erano sedute su un muretto scorticato e decadente, alla luce dell'unico lampione della strada acceso, e i rumori della festa giungevano attutiti alle loro orecchie. Il locale, di dubbia fama, si trovava nella periferia della città, in una zona industriale e poco abitata che, con la nebbiolina della sera, sembrava il set di Silent Hill.

Denisa rivolse ad Alessia un'occhiata truce. "Ale, ci ha messo in lista Fede, non preoccuparti. Riuscirebbe a far imbucare a un diciottesimo chiunque, pure tutta la sua famiglia di primo e secondo grado, se volesse".

Emilia e Alessia si scambiarono un'occhiata complice, per poi scoppiare a ridere come delle galline starnazzanti.

"È che mi sento un po' in colpa, io non ci ho nemmeno mai parlato con Alberto Parodi".

"Perché, secondo te Fede sì?" rispose Denisa, trattenendo a fatica le risate. "È stato invitato solo perché, dopo l'occupazione, è ormai la celebrità della scuola".

"Andiamo bene" mormorò Alessia, aspirando una boccata dalla sigaretta. Ci fu un istante di silenzio in cui tutte si sforzarono di non ridere, ma si rivelò fallimentare e la ragazza per poco non si strozzò con il fumo.

"Che cazzo, raga". Tossiva e rideva al contempo, facendo ancor più ridere le altre. "Va beh, dopo questa non ne fumo più. Den, tu muoviti, così andiamo".

L'unica seriosa era Rebecca. Se ne stava in piedi, rigida come una mummia, e di tanto in tanto si guardava attorno preoccupata, come se attendesse l'arrivo di qualcuno di sgradito.

"Rebi?".

Denisa rivolse uno sguardo interrogativo all'amica, tenendo la sigaretta in alto come una modella degli anni '20. "Tutto bene, tesoro?".

La ragazza storse la bocca. "Non so, è che non sono più sicura di voler venire, mi è venuta un po' di nausea. Mi sa che chiamo mio papà e mi faccio venire a prendere".

"Rebi, che cazzo dici" esclamò Alessia, contrariata, ma Denisa l'ammonì con un segno della mano.

"Ti va di dirci che succede?" domandò, con la dolcezza e la pazienza di una sorella maggiore.

Le ragazze si ammutolirono, in attesa.

"C'è tutta la mia classe alla festa".

Le altre si scambiarono delle occhiate preoccupate.

"Ho capito" intervenne Denisa. "Hai dei compagni stronzi?".

Rebecca annuì, continuando a tenere lo sguardo basso.

"Fidati, anch'io" proseguì Denisa. "Ho una classe di merda, ma sai che c'è? Si fottano, si fottano proprio tutti".

Alessia annuì. "Denisa ha ragione, io ho subito prese in giro terribili durante la mia vita, ancora adesso so che certe mie compagne mi ridono dietro quando mi metto un vestitino aderente, ma non per questo ho rinunciato o rinuncio a divertirmi. Chi cazzo se ne fotte di quei quattro coglioni, ma veramente stiamo facendo?".

"Le altre hanno ragione" intervenne Emilia, carezzando il braccio dell'amica. "Non so cosa dicano i tuoi compagni e non voglio che tu ti senta obbligata a parlarne, però posso dirti per certo una cosa: abbiamo diciassette anni, quest'età non torna indietro e non puoi lasciare che un gruppetto di stronzi ti impedisca di fare quello che vuoi".

Rebecca alzò lo sguardo. Le sue amiche sorridevano, tutte.

"E poi, dai, che te ne frega della tua classe, guarda che belle fregne hai trovato come amiche" esclamò Denisa, imitando la posa di una modella. Emilia e Alessia fecero lo stesso e Rebecca scoppiò a ridere.

Felicità PuttanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora