1 giugno
R: -Dobbiamo dire al preside che quel ragazzo mi ha alzato le mani, ok? Mi ha detto Fede di dire così, in questo modo i suoi genitori non coinvolgeranno i carabinieri.
R: -Siamo tutti d'accordo?
Emilia rilesse quei messaggi per la decima volta.
Aveva trascorso la sera precedente a memorizzare il copione che Ruben aveva ideato per lei e Simone, sotto consiglio di Federico.
Lo studente dell'Alfieri ha insultato Ruben chiamandolo frocio.
Lo studente dell'Alfieri ha minacciato di picchiare Ruben se non se ne fosse andato da bordo campo.
Lo studente dell'Alfieri ha spintonato Ruben e chissà che altro avrebbe fatto se non fosse intervenuto Elia a difenderlo.
Una verità ingigantita per proteggere Elia. Elia, che era stato il primo ad entrare in presidenza, insieme a suo padre, e che era uscito da scuola non appena erano scoccate le nove.
Emilia, seduta su una delle poltroncine rosse di fronte alla presidenza, lo aveva guardato con gli occhi spalancati, pieni di interrogativi, ma il ragazzo l'aveva ignorata, percorrendo il corridoio a sguardo basso.
"Martucci, venga pure".
Simone uscì dall'ufficio in religioso silenzio, rivolgendo un sorriso incerto a Emilia.
Il preside era sulla soglia, con indosso un completo elegante e una cravatta grigia. Era solito indossare cravatte colorate e dalle fantasie bizzarre, e quel dettaglio lo faceva apparire molto più austero.
L'unico altro giorno in cui lo aveva visto indossare un colore tanto spento era stato dopo l'occupazione, quando aveva convocato Federico.
La ragazza si sedette su una delle sedie di fronte alla scrivania, muovendosi con accortezza, quasi temesse di rovinare qualcosa in quella stanza istituzionale. Era già stata in presidenza, eppure le sembrava tutto estraneo.
"Come sta?".
Nonostante la serietà nello sguardo, la voce dell'uomo era gentile.
"Bene, grazie" rispose Emilia, deglutendo rumorosamente. "Forse solo un po' scossa".
"Certo, immagino. Comunque tranquilla, non la tratterrò molto, voglio solo sapere le dinamiche di quanto successo ieri dal suo punto di vista".
La ragazza annuì, fingendo di dover elaborare a parole il ricordo per la prima volta.
Aveva memorizzato il copione; non doveva far altro che attenercisi e condirlo con le abilità che aveva acquisito a teatro.
"Io ero a bordo campo con Simone Kayembe e Ruben Leroy, stavamo chiacchierando tranquilli e, dato che la partita con era ancora iniziata, pensavamo di non dar fastidio a nessuno, inoltre in giro c'erano anche altri ragazzi. Elia Sabatucci, nel frattempo, stava correndo per tutto il campo".
Trasse un profondo respiro. Imparare a memoria un discorso studiato a tavolino aveva reso gli eventi della sera precedente una pièce teatrale e aveva la sensazione che nulla di ciò che era accaduto fosse reale.
È una scena da aggiungere allo spettacolo di Simo. Elia che tira un finto pugno, sangue finto, il pubblico euforico che applaude.
"All'improvviso è comparso questo ragazzo dell'Alfieri, immagino si chiami Lorenzo, c'era sua madre che lo chiamava, che inizia a dirci che non potevamo stare dov'eravamo e che ce ne dovevamo andare. Ruben gli chiede perché e il ragazzo gli urla che è un frocio e che i froci come lui non ci devono stare alle partite. Ruben non risponde alle provocazioni, allora quello lo minaccia di picchiarlo se non se ne fosse andato, fino ad arrivare a spintonarlo. Per fortuna che è intervenuto Elia a difenderlo, perché quel ragazzo era molto alto e spesso e né io né Simone saremmo riusciti a fermarlo".
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...