6 maggio
"Bella raga, che bello vedervi".
Filippo Dotta, vestito con un elegante giacca cosparsa di brillantini, abbracciò Elia e Ruben e sorrise a tutti gli altri del gruppo. Era un eccentrico ragazzo del quarto anno, tra i più popolari della scuola, ed Emilia trovò ironico che, tra loro, fossero proprio Elia e Ruben gli unici ad avere confidenza con lui.
Elia scoppiò a ridere. "Ma 'sto compleanno in mezzo ai campi?".
"Una figata" rispose Filippo, prendendo una bottiglia di prosecco e dei bicchieri di plastica dal tavolo. "Me l'ha affittata un signore che conosco per questa sera".
Cascina Meineri era dispersa nella periferia di Torino, circondata da campi coltivati e boschi. Più di cento persone affollavano la stanza principale, che aveva le pareti in pietra e il soffitto con travi a vista.
"Un brindisi è d'obbligo, guai a chi non beve".
Allungò i bicchieri, ma Federico lo rifiutò.
"No, Fil, oggi salto".
"Non accetto un no". Il ragazzo agitò pericolosamente la bottiglia.
"Alla festa di Carlo è quasi morto" intervenne Ruben ed Emilia si sforzò di ridere. Aveva l'impressione che da una sola, singola, espressione sbagliata, tutti gli altri le avrebbero letto in faccia quanto accaduto quella sera. E sul terrazzo del Cinema Bianchi. E sotto casa sua.
Flippo ignorò quelle parole e versò il prosecco a Federico. "Al mio compleanno è vietato non bere".
Sollevò il bicchiere ed Elia disse: "A 'sti diciotto e alla tua prima volta in questura".
I ragazzi fecero cozzare i bicchieri tra loro e sul tavolo, per poi trangugiarne il contenuto tutto d'un sorso.
"Bella, allora ci vediamo, mi raccomando divertitevi".
Filippo si allontanò e Rebecca, che aveva finto di bere, allungò il bicchiere a Emilia.
"Oh, perché a me?" rispose la ragazza, ridendo.
"Perché sei un'ubriacona, palese" la rimbeccò Elia, ricevendo uno schiaffo sul braccio.
"Antipatico".
La conversazione venne interrotta dalla musica. Mirko Rossi, un ragazzo della squadra di calcio improvvisatosi dj per quella sera, fece partire la prima canzone e i ragazzi iniziarono a saltare e cantare a squarciagola, aprendo le danze.
Emilia non riuscì a farsi trascinare in quell'euforia. Spostava il peso da un piede all'altro, giusto per dare l'illusione di star ballando ed evitare domande inopportune, ma avrebbe solo voluto uscire di lì e tornarsene a casa. La presenza di Federico era ingombrante, asfissiante, inopportuna. Sentiva i suoi occhi addosso e più si sforzava di non guardarlo più le sembrava di attirare la sua attenzione.
"Scusate, ma qui nessuno ha fame?".
Simone interruppe la sua danza sgraziata, posò le mani sui fianchi e guardò perplesso gli amici.
Emilia ritenne quella domanda un'occasione scesa dal cielo. "Ma sai che io un po' sì?".
"Perfetto". Il ragazzo la prese sotto braccio. "Ho visto un buffet di là che è la vita".
Si allontanarono ridendo, facendosi largo tra le persone.
"Guarda quanto ben di Dio che nessuno mangia". Simone si fiondò su un vassoio di paste di meliga e prese a masticarne una con la faccia corrucciata dal disappunto.
"Infatti" rispose Emilia. "Ma meglio, almeno ce n'è di più per noi".
"Giusto". Allungò il vassoio verso la ragazza. "Assaggiale, sono troppo buone".

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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...