50- Felicità Puttana

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N.B. Leggete lo spazio autrice di oggi❤️

"Lasciami pure lì, sì tranquilla, va benissimo".

Alessia, seduta sui sedili posteriori, indicò uno spiazzo di fronte a un passo carrabile e Denisa accostò, mettendo le quattro frecce. Di rientro da casa di Rebecca, dopo aver finalmente visto la loro amica e averla convinta a tornare a scuola, le ragazze avevano il cuore più leggero.

"Grazie Den" esclamò Alessia, sporgendosi verso i sedili davanti. "Allora ciao ragazze, domani non so se ci vediamo a scuola perché ho visto che il politecnico fa una giornata di orientamento, però nel caso ci becchiamo alla Mole Cup".

Denisa le rivolse uno sguardo sardonico. "Però ci sediamo dal lato dell'Alfieri".

"Io con quei fascisti non voglio averci niente a che fare" ribatté Emilia stizzita e subito Alessia aggiunse: "Sì infatti, comunque guarda che non ce l'ho più con Elia, anzi, sono seriamente preoccupata per lui".

Scese dall'auto sbattendo la portiera con un rumore sordo, che le fece guadagnare un'occhiataccia da parte di Denisa. "Ciao, a domani".

La fiat ripartì subito, infilandosi in carreggiata.

"Hai fretta di tornare a casa?".

Emilia fece spallucce. "Non particolarmente".

"Ok".

La ragazza non aggiunse altro e svoltò verso gli ampi viali alberati. Teneva il volante tra le mani con sicurezza, le unghie laccate di rosso che apparivano infuocate quando venivano toccate da un raggio di sole.

"Comunque Alessia è una pazza, già pensa all'università" esclamò Emilia, interrompendo il silenzio.

"Beh, è dalle medie che sa di voler fare quello, no?".

"Sì, in effetti". Restò ferma nella stessa posizione per alcuni minuti, Torino che scorreva fuori dal finestrino sotto il suo sguardo annoiato.

Volti sconosciuti si susseguivano l'uno dietro l'altro, ognuno impegnato ad affrontare la propria vita, sotto gli stessi palazzi, nelle stesse strade, negli stessi parchi.

"Ah, ma aspetta". Si voltò di colpo verso la ragazza, come fulminata da un'intuizione. "Ti hanno fatto sapere per biologia?".

Denisa accolse la domanda con impassibilità, senza perdere di vista la strada. "Sì, sì, mi hanno presa".

"E scusa, me lo dici così?" esclamò Emilia, raggiante. "Perché non ci hai detto niente? È una bellissima notizia".

"Mi sarà passato di mente".

Emilia si lasciò cadere contro lo schienale del sedile, senza aggiungere altro, imbavagliata dalla freddezza dell'amica.

La tensione si tagliava con il coltello nell'automobile silenziosa.

"Emi, il fatto è che io non sono come te".

Emilia le rivolse uno sguardo interrogativo e preoccupato.

"Non sono come te, come Ale, come Fede, io non ho ambizioni" proseguì la ragazza, vomitando le parole una dietro l'altra fino a impappinarsi. "Mi sono iscritta a biologia perché sono brava nelle materie scientifiche, ma, detto francamente, una facoltà vale l'altra".

Emilia si sentì incapace di rispondere. Fu inusuale per lei scorgere quella fragilità in Denisa.

"Non sono più nemmeno sicura di voler andare a Milano".

"Non era la città dei tuoi sogni?".

"Io non ho sogni, Emilia, è quello che sto cercando di farti capire".

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