30 aprile
"Ma lui è un pazzo, ti giuro, ha fatto partire 'sta cosa dei cori alle finestre in seconda e nessuno l'ha mai più fermato".
Simone scoppiò a ridere. "Non l'hanno mai sospeso?".
"No" rispose Alessia. "Ormai i suoi cori sono parte integrante della scuola".
I ragazzi risero di gusto. Seduti attorno a un tavolo rotondo, nel cortile di uno sfizioso bar in centro, avevano trascorso tutta la serata a raccontare le vicende più esilaranti della loro vita al liceo, ripescando aneddoti iconici su professori, compagni di classe e persino sui bidelli. Sopra le loro teste penzolavano delle lucine colorate, i cui capi erano intrecciati ad alberi di agrumi.
"Chi è già questo?" domandò Ruben.
"Michele Ariaudo, è in classe con noi". Alessia guardò Emilia, che non riusciva a smettere di ridere.
"Ogni tanto applaude anche ai prof quando passano in cortile" esclamò Emilia. "Ve lo giuro, non ci sta dentro".
"Però almeno è simpatico, uno dei pochi nella nostra classe".
Simone guardò gli altri negli occhi, uno ad uno. "Cavolo, che peccato esserci conosciuti solo quest'anno. Siamo sempre stati nella stessa scuola, ma non abbiamo mai saputo dell'esistenza gli uni degli altri".
"È vero" rispose Alessia. "Io prima conoscevo solo questo caso umano e quel pirla di Sabatucci".
Indicò con un gesto della mano Emilia, che rispose alzando il dito medio, e Rebecca intervenne abbracciandole entrambe ed esclamando, tra le risate: "Ragazze, state buone, per favore".
Emilia aveva sempre sognato di avere un gruppo come quello, delle amiche con cui confidarsi senza sentirsi giudicata e degli amici divertenti e spontanei come Ruben e Simone. Ma, nonostante le bellissime sensazioni provate quella sera, non riusciva a placare uno strano malessere che le metteva in disordine lo stomaco. Si sentiva malinconica, come se non fosse presente nel contesto, ma stesse guardando un ricordo del passato. Come se quel gruppo già non esistesse più.
Rivolse un'occhiata di sottecchi a Denisa. Sembrava distratta. Si guardava attorno come in attesa di qualcosa, l'espressione imbronciata e le braccia incrociate.
"Che hai?" domandò Simone, ridendo.
"Niente, perché dovrei avere qualcosa?".
Federico le colpì la coscia con una mano. "Voleva andare alla festa al Giovi, ma non ha trovato le prevendite".
"Oh, sempre a ubriacarti, tu" commentò Simone e Denisa tentò di tirargli un calcio sotto il tavolo.
"Siete due stronzi, lasciatevelo dire".
Emilia guardò Denisa, poi Federico e il sorriso le morì sulle labbra.
Lui ricambiò lo sguardo, sollevando appena un angolo della bocca.
"Comunque, non vorrei dire, ma si è fatta una certa" esclamò Ruben, coprendo la bocca con una mano, per nascondere uno sbadiglio.
"Concordo". Denisa guardò il telefono. "Raga, sono le due, siamo qua da tipo quattro ore".
Simone si distese sul tavolo, allungando le mani verso la ragazza. "Vero che mi dai un passaggio?".
"No, Simo, ci sono le ragazze".
"Ma come, io abito lontanissimo, non posso tornare a piedi".
Ruben gli spettinò i capelli. "Dai, poverino, guarda con che faccino te lo sta chiedendo, non vorrai mica averlo sulla coscienza se qualche pazzo lo rapisce, no?".

STAI LEGGENDO
Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...