10 aprile
"Così la fai bruciare, deficiente".
"Allora fallo tu, visto che sei tanto bravo".
Emilia osservava a distanza il battibecco tra Simone e Ruben, con la concentrazione di chi sta ascoltando un dibattito tra due scienziati premi Nobel. Preferiva conoscere ogni futile informazione possibile sulla cottura della carne alla brace piuttosto che assistere ai baci e alle effusioni che Federico e Denisa si stavano scambiando qualche metro più in là.
Non riusciva a capire perché quella scena la infastidisse così tanto. Era convinta di aver messo una pietra sopra quella storia, eppure era dall'inizio della mattinata che la sua attenzione veniva rapita più da Federico che da Andrea. Quest'ultimo se ne stava seduto sul prato con Alessia e Rebecca e di tanto in tanto le lanciava qualche occhiata rassicurante, come a dire "Anche se sto parlando con altre persone, tu rimani la mia priorità".
La casa della famiglia di Federico era appollaiata sul punto più alto di Chiomonte, un paesino della Val di Susa, e il giardino si affacciava sulle montagne verdeggianti, le cui cime erano innevate.
Il cielo coperto di nuvole minacciava pioggia, mettendo a rischio la riuscita della grigliata di Pasquetta, e creando un'atmosfera cupa degna di un film horror.
"Non trovi che sia un po' esagerato?".
Emilia guardò confusa Elia, seduto accanto a lei. "Chi?".
"Ruben". Elia indicò con un cenno del capo il ragazzo, che stava discutendo sul modo più efficace per cuocere una costina sulla brace. "Solo perché sei gay non è che devi schiaffarlo in faccia a tutti".
Emilia incrociò le braccia sotto il seno. "Scusa, qual è il problema?".
"Ma dai". Il ragazzo aveva lo sguardo fisso su Ruben. "I capelli ossigenati, quegli atteggiamenti da primadonna, addirittura i calzini arcobaleno".
"Continuo a non capire quale sia il problema".
"Mi chiedo solo perché debba renderlo così palese, sembra quasi una scusa per mettersi in mostra".
Emilia sbuffò. "E che cazzo te ne frega? Ma ognuno sarà pur libero di fare quello che gli pare nella vita?".
"Secondo me è offensivo nei confronti di tutti i gay che se ne stanno tranquilli senza credersi dei fighetti".
"Certo". La ragazza rise sprezzante. "Le persone gay ti vanno bene solo quando se ne stanno a cuccia, in un angolino, e tu non sai che lo sono".
"Non ho detto questo".
"Sì, l'hai detto".
Elia alzò gli occhi al cielo. "Mi chiedo solo perché debba rimarcare uno stereotipo".
"Ma che stai dicendo?" strillò Emilia. Si accorse di urlare, quindi abbassò il tono di voce. "Ognuno si veste e si comporta come cavolo gli pare, a prescindere dal proprio orientamento sessuale".
"Raga, piove!".
Emilia sentì una goccia sul viso e, dopo alcuni istanti, la pioggia le si riversò addosso con la forza di una secchiata.
"Datevi una mossa" urlò Simone, indicando con severità Federico e Denisa. "Anche voi, Romeo e Giulietta".
I ragazzi si apprestarono a raccogliere tutte le stoviglie già apparecchiate in tavola e, quando ebbero preso tutto, si precipitarono in casa.
La baita era accogliente, i colori caldi e il profumo del legno donavano un senso di familiarità. Un grande arco con mattoni a vista divideva la cucina dal salotto, nel quale divani e poltrone rossi erano disposti attorno al camino. Sulle pareti campeggiavano fotografie color seppia, che raffiguravano il paese nei primi anni del Novecento e alcuni anziani che dovevano essere i trisavoli di Federico.
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...