30 maggio
Emilia era ferma all'incrocio tra via Parini e Corso Vittorio Emanuele II, rigida come una statua di cera, le mani strette attorno alle spalline dello zaino e lo sguardo vigile.
Scrutava con impazienza il traffico di studenti che uscivano dal D'Azeglio, sperando di scorgere una chioma di riccioli biondi, ma, nel via vai di persone che raggiungevano le fermate degli autobus o si disperdevano lungo i portici, Federico non si vedeva.
E: -Dove sei??
Scrisse quelle parole con rabbia, le dita premute con forza sullo schermo sporco.
Aveva atteso quel momento per un giorno intero e la smania di sfogare tutto ciò che aveva dentro le impediva di concentrare le proprie attenzioni su altro.
"Ehi".
Sollevò lo sguardo dal telefono ed ebbe un leggero sussulto.
"Sei in ritardo" rispose dura, per poi imboccare i portici e procedere a passo svelto.
Federico la seguì incerto.
"La Moretti ci ha trattenuto". Il suo tono ironico mascherava l'imbarazzo e la confusione. "C'è sul serio qualcosa di più urgente di una lezione della Moretti?".
Emilia non rispose. Sollevò gli occhi al cielo e quel gesto bastò a zittire il ragazzo.
Raggiunsero il giardino Salisbury, un piccolo parco di fronte alla stazione Porta Nuova, dove alcuni ragazzi mangiavano il proprio pranzo al sacco seduti sull'erba, circondati da piccioni affamati che si avvicinavano audaci alla ricerca di qualche briciola.
Emilia arrestò di colpo il passo. Si sedette all'ombra di un albero dalle fronde rigogliose e aspettò che Federico la imitasse.
"Oh, va bene" mormorò il ragazzo, prendendo posto di fronte a lei.
Le rivolse un sorriso, ma Emilia non ricambiò e gli morì sulle labbra.
"Sei un bastardo".
Federico spalancò gli occhi e portò una mano al petto, scimmiottando le movenze di una persona sinceramente offesa.
"E un figlio di puttana, anzi, no, tua madre è una gran brava persona, a differenza tua".
"Okay". Il ragazzo scoppiò a ridere, ma la frenesia con cui si passava una mano tra i capelli svelò il suo nervosismo. "Ne hai altre?".
Emilia si ammutolì, il volto indurito da un'espressione aspra. Non avrebbe lasciato che Federico avesse potere su di lei. Non quella volta.
"Denisa mi ha raccontato del vostro primo incontro" mormorò, dopo alcuni istanti di silenzio. "Le hai detto le stesse identiche cose che hai detto a me, le hai fatto il discorso su Schopenhauer e la felicità, e io... Cazzo, non ti senti una merda a prendere per il culo le persone in questo modo?".
Federico non rideva più. Aveva l'angoscia dipinta in volto e il respiro affannoso.
"Le hai detto qualcosa?".
Emilia schiuse la bocca. Il primo pensiero di lui era andato a Denisa e, nonostante il disprezzo che provava nei suoi confronti in quel momento, ne fu ferita.
"Glielo hai detto?".
"Fai sul serio?". La ragazza rise sprezzante. "Le metti le corna da un mese, che poi chissà se sono le prime, e ora ti preoccupi tanto che lei lo sappia?".
Federico si agitò sul posto e mormorò un'imprecazione tra sé e sé.
"Non gliel'ho detto, testa di cazzo, tranquillo".
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...