17 aprile
"Fammi capire, tu gli hai detto di no?".
Denisa incrociò le braccia sotto il seno, accigliata, e fulminò Emilia con lo sguardo. Era seduta con Alessia e Rebecca su uno dei divanetti di fronte alla presidenza, e tutte e tre insieme sembravano il gran Consiglio delle Streghe, pronto a emanare la più severa delle sentenze.
Emilia, in piedi di fronte a loro, era l'imputata.
"Esattamente" rispose la ragazza, allargando le braccia con teatralità.
Le altre si scambiarono delle occhiate perplesse.
"Io... Non so che dire, forse è meglio che non parlo" esclamò Alessia, scuotendo il capo.
Era l'una e mezza e la massa di studenti che solitamente affollava quel corridoio aveva lasciato il posto a un silenzio surreale. Gli unici rimasti a scuola erano alcuni professori, che compilavano le ultime scartoffie in aula insegnanti prima di tornare a casa, e i pesci rossi dell'acquario, così immobili da sembrare di plastica.
"Ragazze, però non dovete giudicarmi" esclamò Emilia. "Non posso decidere a comando se innamorarmi o meno".
"Infatti non ti stiamo giudicando per questo" ribatté Denisa. "È solo che non puoi continuare a stare con un ragazzo che è innamorato di te, se non ricambi questi sentimenti".
Emilia pestò un piede per terra e il rumore del tacco rimbombò per tutto il corridoio. Dopo il colloquio con il preside doveva correre alle prove dello spettacolo teatrale e si era portata avanti indossando le scarpette di scena. "Ma qual è il problema? Andrea ha detto che per lui va bene continuare così".
Alessia scoppiò a ridere. "È ovvio che abbia detto questo, è innamorato ed è disposto a fare qualsiasi cosa pur di starti vicino, persino stare in 'sta relazione di merda che non è una relazione".
Rebecca era distratta. Aveva lo sguardo fisso sui pesci, che se ne stavano indisturbati nella loro reggia di acrilico, noncuranti di quello che accadeva al di fuori del loro piccolo mondo. Denisa le prese la mano.
"Lo farai soffrire" esclamò Alessia. "Devi tagliare i ponti".
"Cazzo, raga, sarò libera di decidere da sola cosa fare nella mia vita?".
"Ma infatti, fa' come vuoi" esclamò Denisa, dura, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Emilia. "Dico sul serio. Tanto farai poi tu i conti con Andrea, non io".
La porta della presidenza si spalancò, interrompendo la discussione. All'improvviso tutte si ricordarono che c'era una cosa più importante a cui pensare, prima di riprendere a fasciarsi la testa su questioni sentimentali.
"Entrate pure".
Il preside Pozzoli aveva la faccia corrucciata dell'adulto borghese stereotipato. Era un involucro di stress, rabbia repressa e insoddisfazione, nonostante l'alto stipendio da dirigente che intascava ogni mese.
Emilia non aveva mai incontrato quell'uomo così da vicino e provò un senso di soggezione misto a ribrezzo. Prese posto su una delle due sedie davanti alla scrivania, insieme a Rebecca, restando dritta come una statua di cera, mentre le altre attesero in piedi alle loro spalle.
L'ufficio era grande e luminoso e si affacciava su un balconcino, dal quale sventolavano le bandiere dell'Italia e dell'Unione Europea. Alle pareti erano appese fotografie di classi storiche e di ex studenti illustri, tra cui Primo Levi e Cesare Pavese.
"Si è portata dietro tutta la delegazione?" esclamò il preside, con un pizzico di sarcasmo nella voce.
Rebecca abbassò lo sguardo, imbarazzata, mentre Alessia e Denisa rivolsero un'occhiata rapida a Emilia. Si aspettavano che rispondesse qualcosa, eppure non aprì bocca, troppo intimorita per il destino di Rebecca da rischiare indisporre Pozzoli e rovinare tutto.
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...