20 marzo- sera
"Ragazze, mi sto cagando addosso, penso si senta dalla voce, sto tremando, e come se non bastasse non riesco a coprire 'sto cazzo di succhiotto. Ora mi butto dalla finestra".
Emilia mandò il messaggio vocale sul gruppo Queens, che condivideva su Whatsapp con le sue amiche.
Lanciò il telefono sul tavolino della specchiera e restò immobile a fissare il proprio riflesso.
Il rossetto rosso e l'elegante vestito con lo scollo a barca, dello stesso colore, davano luce alla sua pelle di porcellana. I lunghi capelli neri erano sciolti e ondulati.
Era successo tutto troppo in fretta. Si era ritrovata all'improvviso nel camerino del Teatro Astra, con le luci dello specchio puntate in faccia, pronta a presentare la serata artistica del liceo davanti a una platea di quattrocento persone.
L'agitazione le bloccava il respiro le artigliava la bocca dello stomaco, provocandole la nausea.
Chiuse gli occhi.
L'idea di parlare in pubblico la spaventava e la eccitava. Il palco sapeva regalarle un senso di invincibilità. L'Emilia rude e imbranata spariva quando teneva un microfono in mano, lasciando il posto a un'Emilia sicura di sé, elegante, forte.
Voleva a tutti i costi che le persone vedessero quel volto. I professori, che la sottovalutavano in continuazione, incapaci di scovare in lei alcuna qualità, i compagni, che sparlavano alle sue spalle, suo padre, che non era mai stato in grado di complimentarsi con lei su nulla.
Dei colpi alla porta la ridestarono dai suoi pensieri.
"Posso entrare?".
L'agitazione di Emilia aumentò. "Sì, vieni pure".
Federico entrò e restò immobile sulla soglia alcuni istanti, osservando il riflesso della ragazza. Deglutì e il suo pomo d'Adamo si mosse meccanicamente su e giù.
"Bene". Diede un colpo di tosse. "Vedo che sei pronta".
Emilia gli sorrise attraverso lo specchio.
L'abito di Federico, a righe verticali, era eccentrico ed elegante al contempo. Lo faceva apparire più alto di quanto non fosse.
"Come va?". Prese una sedia e le si sedette accanto.
Emilia non rispose. Si limitò a guardarlo, con gli occhi strabuzzati.
Federico rise. "Nervosa?".
La ragazza annuì. "Nervosa è dire poco, direi più impanicata".
"È normale sentirsi così".
"Ma tu sembri così tranquillo, come cazzo fai?".
Federico poggiò un gomito sul tavolino e lasciò che la mano gli reggesse il capo, in modo da poter osservare meglio la ragazza.
"Perché sono sicuro di quello che sto facendo".
"Ah, ecco" Emilia sbuffò. "Sai com'è, io ho dovuto imparare il copione in un pomeriggio".
"Non è questione di copione. I vuoti di memoria possono capitare, ma vado sul palco tranquillo, sapendo che, in caso, posso improvvisare".
Emilia si grattò nervosa il capo. "Sì, ma tu sai improvvisare, io no".
"Davvero?". Federico sorrise. "Quindi vuoi dirmi che non ti è mai capitato, durante un'interrogazione, di abbindolare il prof con delle super cazzole perché non sapevi una risposta?".
Emilia schiuse la bocca. "Sì, ovvio, ma che c'entra?".
"È la stessa cosa, con il vantaggio che la prof sa quello insegna e ti dà quattro comunque, il pubblico, invece, non conosce il copione e non nota l'errore".
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Felicità Puttana
Teen FictionEmilia Martucci ha diciassette anni, una lingua tagliente quanto una lama e un unico obiettivo: sopravvivere al quarto anno di liceo classico. Grazie a un ripasso dell'ultimo minuto nel bagno della scuola e a una sfortunata serata in discoteca, tro...