16- Buona Pasqua

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9 aprile

"Ecco qua".

Emilia osservò a bocca aperta la teglia di lasagne che suo padre aveva posato in tavola. La cucina si era riempita del fumo e del calore asfissiante usciti dal forno e la ragazza si apprestò ad aprire la finestra. Il chiacchiericcio delle famiglie che abitavano i palazzi della via entrò in casa loro, insieme a una vivace arietta che sapeva di primavera.

"Sembrano buone" commentò, tornando al proprio posto. "E non ti sono venute bruciate, miracolo".

"Che spiritosa".

Giovanni Martucci si sedette e riempì i piatti. Era un uomo tarchiato, calvo, con mani grandi e dita spesse e callose. Senza il casco e l'ingombrante divisa antisommossa era un uomo qualunque, senza alcunché di minaccioso.

Emilia si versò della birra.

"Buona Pasqua". Allungò il bicchiere e lo fece cozzare contro quello del padre.

"Buona Pasqua".

Mangiarono in silenzio, in sottofondo il telegiornale, che, come sempre, accompagnava i loro pasti. Spesso Emilia si chiedeva se la sua passione per la politica e il giornalismo fosse nata proprio da quello, dal silenzio che abitava la sua casa e che veniva riempito da ore e ore di notizie in televisione.

Era sempre stata la bambina più informata della sua classe. Spesso si rivolgeva con saccenteria ai suoi compagni soltanto perché non sapevano il nome del ministro dell'interno oppure cosa stesse succedendo in Iraq. Non era mai stata capace di immaginare cosa significasse trascorrere un intero pranzo a parlare con i propri familiari, senza nessuna distrazione in sottofondo.

"I francesi violano i confini italiani, è scontro con Roma sui migranti. Il ministro Minniti..."

"Comunque" disse Emilia, con la bocca piena, mentre la voce dell'inviata continuava a raccontare le notizie di prima pagina. "La serata al Teatro Astra è andata molto bene, mi hanno fatto tutti i complimenti".

"Brava". Giovanni trangugiò la birra. "Mi fa piacere".

La ragazza tenne lo sguardo fermo su di lui, come se si aspettasse una parola in più o un sorriso orgoglioso, ma egli non ricambiò. Sembrava sempre impassibile, non lasciava trasparire emozione alcuna dalle sue espressioni o dai suoi gesti.

"Come mai non sei venuto a vedermi?".

"Dovevo lavorare".

"Non potevi prenderti una serata di permesso?".

Per la prima volta dall'inizio della conversazione, Giovanni la guardò negli occhi.

"Se ero in un periodo tranquillo potevo, certo, ma dato che ultimamente voi studenti fate sempre casini, no".

Emilia rise aspra. "Tanto sempre lì andiamo a parare".

Il padre lasciò cadere le posate sul piatto con un rumore sordo.

"È Pasqua, non ho voglia di litigare".

La ragazza annuì e si servì una seconda porzione di lasagna. Nonostante la televisione accesa, il silenzio nella cucina era opprimente. Era trascorso più di un mese dall'occupazione, ma quel tema era ancora motivo di tensione in casa.

"Dov'è già che vai domani?" domandò Giovanni, dopo alcuni minuti.

La ragazza esitò alcuni istanti. "In montagna con alcuni amici. Il fidanzato di Denisa ha la casa lì".

"Chi è Denisa?".

"Papà, la mia amica, quella che ho conosciuto due mesetti fa alla festa d'istituto".

Felicità PuttanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora