.Trentotto.

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Il cancello del giardino dei miracoli non era per nulla cambiato dall'ultima volta che vi ero stata. Strani e buffi fiori viola ricoprivano l'intero giardino assieme alle urla delle anime disperate ricoperte da nubi viola mentre tentavano di liberarsi da quella loro dolorosa ossessione. Il vento dietro le mie spalle iniziò a diventare sempre più forte, ormai potevo sentire l'odore di quei germogli affascinanti anche da metri e metri. Lasciai che il mio corpo cadesse nelle mani  di quella beatitudine che stavo provando, di tutte quelle sensazioni che riempivano ogni centimetro del mio corpo. Stavo bene in quel momento, davvero bene. Sarei rimasta in quella tomba silenziosa e profumata per secoli, ma purtroppo, qualcuno mi stava chiamando. 

Riaprì gli occhi da quel paradiso in cui mi trovavo, ritrovandomi con il corpo sommerso nell'acqua limpida di quella famosa stanza viola. Con molta calma riuscì finalmente ad alzarmi e la prima cosa che vidi fu il mio volto attraverso quello specchio, quel famoso specchio circondato di rose rosse e spine pungenti. 

Lei era lì. Tendava la sua mano, pronta ad aspettare che la afferrassi e la liberassi da quel dannato specchio che la rinchiudeva. 

Presi un bel respiro, impugnai la spada come meglio potevo, e iniziai a camminare. Uno, due, tre passi... ero sempre più vicina. Una parte di me si stava pentendo di essere venuta fino a qui, ma non avrei scoperto mai le vere intenzioni della Strega se non l'avessi liberata. Dovevo farlo, qui e adesso. Non c'era tempo per tornare indietro. Passo dopo passo ero sempre più vicina allo specchio, e Lei era ferma immobile, che mi guardava con il suo sorriso sadico, con quei suoi capelli biondi e lunghi che le coprivano persino il volto non lasciando vedere i suoi occhi. Lei, mi aveva trovata.

- Quindi è da qui che tu mi parli? 

Già.

- E dimmi, questa "stanza", se esattamente si può definire così, dove si trova? La prima volta che ci sono entrata non mi sono infilata nel giardino.

Questo luogo è visibile accessibile solo attraverso i miei occhi. Sono io che decido quando e dove farti entrare. Il giardino dei miracoli mi sembrava il posto migliore per nascondere il tuo corpo incosciente.

- Mi stai forse dicendo che in questo momento sto vivendo dentro la tua mente o in una sottospecie di dimensione parallela?

Ci sei vicina.

Sentì qualcosa punzecchiarmi la mano, la mano della strega era ancora tesa verso di me. Stava aspettando, stava cercando di contenere la sua pazienza ma non ci riusciva. La sua recitazione era pessima.

- Non aspetti altro vero?

Un cenno della sua testa mi bastò come risposta. Afferrai la sua mano. La sua pelle non era né liscia né ruvida, mi sembrava di star toccando dell'aria, qualcosa che non era concreto, ma astratto. Il suo sorriso si allargò. Iniziai a tirare più forte che potevo, qualcosa stava bloccando la strega dall'altra parte dello specchio, come se fosse legata. 

Buttai la spada per terra e la afferrai anche con l'altro braccio. Sullo specchio comparì il simbolo di un lucchetto chiuso ricoperto da catene che mano a mano che tiravo si spezzavano. Stavo per liberarla. Finalmente l'altro braccio era ormai fuori dallo specchio, le catene continuavano a spezzarsi senza fermarsi, alcuni delle sue lunghe ciocche uscirono dallo specchio bagnandosi sul pavimento ricoperto d'acqua, quando vidi finalmente quel lucchetto aperto. La testa della Strega sbucò dallo specchio, la sua lunga frangia copriva i suoi occhi, ma non il suo spensierato sorriso. Allargò le braccia verso di me pronta per cadermi addosso mentre lo specchio alle sue spalle si distruggeva in mille pezzi, scomparendo per sempre.

Sopra di me sentivo il peso della giovane strega. Non riuscivo a muovermi, neanche lei si muoveva, eravamo entrambe immobili nell'acqua trasparente della stanza.

- Contenta adesso?

- ...

- Non riesci a parlare?

- I-io...

- ...

Sbuffai impaziente e mi tirai su portando con me anche la strega. Pareva che facesse fatica a reggersi in piedi, e poi adesso che la vedevo meglio, non aveva per niente l'aspetto di una strega dura o forte. A me ricordava più una bambina indifesa. I suoi capelli biondi ed ondulati erano davvero lunghi, il vestito che indossava era corto, le arrivava più o meno fino alle ginocchia. La sua pelle sembrava fatta di porcellana, le dita delle mani affusolate e delicate. Assomigliava più ad una bambola. Aveva il capo inclinato, non riuscivo a vedere il suo sguardo, decisi così di fare qualche passo indietro approfittandone per riprendere la spada.

- Se sapessi il tuo nome sarebbe forse più sempl...

- Ariel.

- C-come scusa?...

- Il mio nome è Ariel.

- A-Aspetta un momento...

D'un tratto quel nome fece riaffiorare un ricordo nella mia testa. La stanza degli specchi e delle scale... ciò che avevo visto e sentito...

- Tu sei la sorella di Argon?...

- Molto piacere, Regina.




{❦︎𝑌𝑜𝑢𝑟 ℎ𝑒𝑎𝑟𝑡 𝑖𝑛 𝑚𝑦 𝑐ℎ𝑎𝑖𝑛𝑠❦︎}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora