Sanditon, pt. 2

Abbandonata

Bastò quella frase, lanciata come una bomba in mezzo alla stanza, per far scoppiare di indignazione Georgiana e Charlotte. La prima, affaticata dalle sofferenti ore appena trascorse, riuscì a malapena a balbettare qualcosa di poco comprensibile. Fu Charlotte, ormai priva del controllo che si addice a chi non è esplicitamente inviato in una conversazione, a irrompere in modo diretto nei confronti del medico.

<<Scusate, signore, state per caso suggerendo che Georgiana abbia volutamente ingerito qualcosa per procurarsi del male?>>

<<Proprio così, signorina Heywood. Vi ringrazio per la vostra lucida e chiara interpretazione dei fatti>>.

<<Sideny..>> Georgiana guardava con occhi luci il suo mentore, come se sperasse di trovare in lui quella sensibilità di cui il dottor Jenkins pareva privo. 

<<Signor Jenkins, possiamo interrompere questo interrogatorio per ora? Georgiana è molto provata, credo lo siamo tutti, ve ne prego>> fu l'unico intervento di cui Sidney, totalmente a pezzi, fu capace.

<<Non c'è nulla da scoprire - stavolta Georgiana si era tirata su, le braccia tremanti nello sforzo di reggerla, la voce un improvviso ruggito di rabbia - non avrei potuto mai fare una cosa del genere, nè dare un dolore così grande a mio padre, o a voi! Inoltre non ho motivo di odiare la vita a tal punto, anche se di certo lei non è stata molto generosa con me. Sono molto meno fragile di ciò che pensate, sono stata chiara?>>

Sidney era impietrito, come se ognuna di quelle parole avesse lanciato un incantesimo sulla sua persona. Stringeva con forza il bordo del letto sul quale si era poggiato, sfinito, le nocche bianche. Charlotte non provò mai così tanto amore verso di lui come in quel momento. Credeva ad ogni singola parola di Georgiana, non dubitava della sua tempra indistruttibile, erano simili in questo. Temeva invece che l'uomo di fronte a lei, l'uomo più integro che conosceva, inaccessibile nel cuore e impenetrabile alle debolezze umane, potesse crollare di lì a poco.

<<Perdonatemi...>> sussurrò appena Sidney, ed uscì fuori dalla stanza. Georgiana si lascò andare sul cuscino, si coprì il volto col braccio, chiedendo al medico di lasciarla sola.

<<Charlotte, ti prego - proseguì- ho bisogno che almeno qualcuno in questa stanza non crede che io sia una pazza in preda a manie suicide>>.

Charlotte si sedette accanto a quella disperazione che, insieme agli spasmi da poco superati, stavano consumando l'amica.  Georgiana le cercò la mano a occhi chiusi, la strinse e finalmente liberò quelle lacrime che inutilmente stava tentando di ricacciare indietro.

<<Georgiana, quello che ha detto il medico è oltre ogni razionalità, ma conoscere e scoprire le cause di un problema è anche il suo mestiere. Deve farlo>>.

<<Sì, ma Sidney? Ha davvero una considerazione così poco "morale" della mia persona? Del rispetto che nutro nei confronti della vita stessa?>> singhiozzava ormai Georgiana.

<<Vedi, a volte la disperazione porta ad accogliere nella propria mente qualunque congettura. Ho visto un uomo prossimo allo sfacelo emotivo, credo che il non darsi pace per ciò che ti è successo, e per cosa poteva accadere, lo abbia portato ad aggrapparsi ad ogni possibile spiegazione. Non ti ha abbandonato un attimo, se non quando io ero accanto a te, solo per riposare un po'. Lui non solo si sente responsabile per la tua incolumità, ma sono certa provi anche un sincero affetto. Vorrebbe tutelarti come un fratello maggiore farebbe>>.

Georgiana guardò Charlotte, la guardò come se quelle parole avessero creato un piccolo percorso nei suoi pensieri per nulla indulgenti nei confronti di Sidney. Accennò un sorriso, pur mantenendo quel cipiglio che solo il suo essere orgoglioso poteva mostrare.

<<Perchè riesci sempre a farmi vedere quel lato così umano, quasi tenero, che io raramente vedo in quell'uomo?>>

Charlotte non seppe rispondere altro, se non sorridere anche lei e domandarsi intanto dove fosse andato Sidney, che certamente dopo la conversazione di poco prima era rimasto tutt'altro che indifferente.