10.A cuore aperto

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EVAN
New York, 10 novembre

COME IN UN GRANDE parco divertimenti, il mio sangue percorreva la cannula della flebo, si spingeva lungo il tubicino trasparente, ricadendo a grande velocità nella sacca in lattice.

Erano passati venti minuti. Lo sapevo perché tra le pareti bianche della clinica l'unica fonte di distrazione rimaneva il suono scandito delle lancette.

Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.

Ero in ritardo per l'allenamento.
Odiavo presentarmi ai periodici controlli ospedalieri, mi facevano sentire indietro rispetto alla squadra, giustificato da tutto solo perché malato.

Eppure era così. Avrei dovuto accettarlo, da undici anni a quella parte la mia vita era diventata quella.

La serratura si abbassò, facendo scricchiolare i cardini.

«Evan» proferì la dottoressa, tenendo lo sguardo basso sugli appunti «come stiamo oggi?»

«Allison, ora che la vedo molto meglio»

«Oh andiamo! Sempre il solito ruffiano» La dottoressa chiuse la porta alle sue spalle, lasciandomi intravedere per un istante il corridoio vuoto dell'ospedale.
Lesse attentamente la mia cartella clinica, spostando dal volto due ciocche rosse ribelli.

«Come ti sei sentito nell'ultimo periodo? Spossato, debole?»

«Per nulla»

«Pieno di energia? L'ultima partita non mi è sembrata il massimo»

«Dottoressa la prego! Come posso conquistarla dopo questa frecciatina!»

Avevo giocato di merda, si.
Però non stavo male fisicamente, tutta la confusione risiedeva all'interno della mia testa.

Avrei fatto meglio quello stesso giorno.
Miami mi stava guardato in ginocchio, pronto per essere decapitato.

«Sto bene Allison»

Il medico sembrò crederci, procedendo con le classiche e banali domande di routine.
Mi levò l'ago dall'avambraccio, mi misurò la pressione e ricontrollò per l'ennesima volta tutti i miei farmaci.

«Gli assumi con regolarità vero?»

«Come un orologio svizzero»

«Ti do appuntando per il prossimo mese, ok?» osservai l'inchiostro della penna incidere la solita ricetta medica «La terapia sembra funzionare alla perfezione e tu godi di ottima salute»

Perché ero ancora lì allora?
Più tempo passava, più sentivo l'esigenza di alzarmi e correre via.

«Non sottovalutare tutto questo Evan, se inizi a trascurare la tua situazione potrebbe precipitare da un momento all'altro. Il fatto che sia invisibile non vuol dire che non esista»

«Non sottovaluto nulla, Allison» attesi impaziente il via libera per il mese successivo. Quella firma era la ragione per cui potevo scendere in campo ogni fine settimana.

Senza di essa non ero altro che un ombra in un mondo di oscurità.

Inesistente.

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