14.Vuoi essere mia amica?

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EVAN
New York, 19 novembre

LANCIAI IL PALLONE verso il canestro, la sfera trapassò la rete, rimbalzando poi nella direzione opposta rispetto la mia.

Avanzo di galera.
Così mi aveva soprannominato il nuovo fenomeno da baraccone assunto alla W.R.

Non avevo mai badato ai pregiudizi o ai pettegolezzi; ero sempre rimasto nell'ombra, dimostrando con i fatti quanto valessi effettivamente.
Mi ero sempre ritenuto superiore, intoccabile dai pensieri delle persone.

Bastardo del Senatore Johnson, campione dell'NBA.

Le parole mi affollavano ancora la mente. Le avevo lette una sola volta per poi spegnere del tutto il cellulare e nasconderlo tra i cuscini del divano.
Perché non importava quanto in alto sarei potuto arrivare, ci sarebbe sempre stato qualcuno pronto a spingermi giù dall'infinita gradinata.

L'artefice degli spermatozoi che mi avevano creato, anche detto Senatore Nathaniel Johnson, si era fatto vivo un'altra volta contattandomi tramite il suo ufficio legale.
Comunicazione tra padre e figlio ottima direi, altro che partita a football della domenica mattina.

Voleva incontrarmi. Voleva parlare. Voleva presentarmi la sua famigliola felice nella sua villa a cinque piani.
Così tante stanze libere da riempire, perché non farlo con il figlio illegittimo avuto da una delle sue tante segretarie?

Lanciai il pallone a canestro un'altra volta, prendendo in pieno il tabellone sopra di esso.
Un forte boato riecheggiò tra le mura della palestra, seguito a ruota dal tonfo del grande portone d'entrata.

«Gran bel tiro di merda» il coach applaudì, incamminandosi nella mia direzione con la sua solita calma.

«Devo metterti in campo questo sabato? Perché posso trovare un buco nella lezione dei piccoli allievi di martedì»

«Spiritoso»

Recuperai la palla, sedendomi sul freddo parquet dello stadio.
Ero chiuso in quella palestra dall'uscita dell'articolo.
Non avevo mangiato e tanto meno dormito; sarei voluto solo diventare un fantasma.

Il coach Dawson si fermò di fronte a me, incrociando le braccia sopra la felpa in micro-fibra dell'Adidas.

«Ho saputo di Nathaniel»

«Ho lasciato fare ai miei avvocati. Spero siano abbastanza competenti da mandarlo a fanculo in maniera elegante»

«Sono ormai due anni che cerca di mettersi in contatto con te»

«Ne passeranno altri cinquanta prima che accada»

Bugia. Se fosse morto, delle sue ceneri se ne sarebbero occupati i figli legittimi.

«Evan»

«No, coach. Può convincermi a fare tutto quello che vuole ma questo no.
Quell'articolo di merda verrà dimenticato entro una settimana, non devo aspettare altro»

L'avrebbero letto tutti; la mia squadra, i miei fan e anche Kathlyn.
Nel mondo dello sport W.R. rappresentava uno dei siti internet con più lettori nella nazione.
Chiunque si sarebbe presentato al prossimo incontro avrebbe almeno sentito parlare di quelle parole e i giornalisti avrebbero banchettato sulla mia reputazione.

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