16.Il settimo

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KATHLYN
New York, 23 novembre

SE LA LOCATION NON FOSSE STATA così buia, tutti si sarebbero accorti del mio sguardo.

Ne ero sicura, al cento per centro e anche di più.
La mora davanti ad Evan ci stava provando con lui. Spudoratamente.

Ok, non stavamo davvero insieme e -nonostante non ne avessimo più parlato- la regola numero cinque era ancora attiva. 
Quindi, Evan avrebbe potuto sbavare sulla prorompente scollatura della ragazza misteriosa. Poteva farlo.

Si Kat.
Evan era un uomo libero e sicuramente non tuo.
Tu ed Evan eravate amici.
Evan ti aveva palpato il culo in una vasca da bagno e tu eri quasi venuta.
Ma voi eravate amici.

Evan ti aveva regalato un mazzo di tulipani. Si era ricordato delle tue parole e ci aveva allegato un bigliettino romantico.
Ma voi eravate solo amici.

«Cazzo» sussurrai, quando l'impronta delle unghie affondò con maggiore prepotenza nel palmo della mia mano.
La donna continuò a parlare ed Evan rise come un perfetto Don Giovanni.
La battuta giusta, l'occhiatina e il sorriso completato da una dannata fossetta infantile.

Perfino la nonna sarebbe crollata davanti quelle piccole attenzioni, figurarsi una ragazza giovane, bella e probabilmente single.

Peccato che, Evan per lei non era uno scapolo!

Evan era mio... Lavorativamente parlando.

«Lilly! Solleva quel calice e brinda con noi!» urlò Louis, cercando di sovrastare la musica assordante e i miei stessi pensieri «Sono io il festeggiato, devi guardare solo me questa sera!»

Tentai di sorridere, dando il minimo della mia attenzione al gruppetto di egocentrici invitati.
Non conclusi nulla, se non l'ennesima occhiata omicida nei confronti della bella mora.

Nemmeno una bambina gelosa si sarebbe comportata in questo modo, eppure la perfezione di quella donna -si donna, perché aveva sicuramente una decina di anni in più di me- mi mandava in tilt.

Odiavo come Evan le sorrideva.
Odiavo come ascoltava attento tutte le sue parole.
Odiavo non essere al suo fianco per marcare un territorio inesistente.

Louis scartò il primo regalo, mascherando la faccia schifata davanti un capo firmato ormai troppo out.

«Tesoro! Non dovevi!»

Letteralmente, non doveva.

Portai alle labbra l'ennesimo calice di prosecco, scolandomelo come se fosse stato del tutto normale.
Sentivo la testa pesante e i movimenti iniziavano a farsi più lenti e scoordinati.

Quello appena ingerito doveva essere stato il... sesto?

«Madison, cara! Finalmente sei arrivata anche tu!» mia sorella, a dir poco perfetta nel suo mini dress, si accomodò nella poltroncina, accavallando le gambe chilometriche ed abbronzate.
Diede il suo regalo a Louis, salutando le altre con un piccolo sorriso diabolico.

«Non potevo perdermi la tua festa, puttanella»

«Mi sembra il minimo! Per ripicca avrei recensito negativamente il tuo ultimo portfolio»

Scoppiarono a ridere e io chiamai a me il cameriere un'altra volta.

Settimo calice di prosecco.

Un brindisi speciale ad Evan e alla sua nuova milf.
A mia sorella e alla sua simpatia inesistente.

Dopo un'altra mezz'ora passata a rosicare dietro lo spesso vetro del bicchiere, decisi finalmente di alzarmi e barcollare nella direzione dei bagni.
La mano di Madison mi strinse il braccio con prepotenza, bloccando la mia avanzata «Sei ubriaca fradicia? Davvero Lilly?!»

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