18.Mille pezzi di me

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KATHLYN
New York, 26 novembre

RALLENTAI LA CAMMINATA, fermandomi a qualche metro dall'elegante figura di mia madre.

Fredda e composta mi osservava disgustata, squadrando i miei capelli in disordine e il rossetto sbavato come avrebbe fatto con una qualsiasi spogliarellista.

«Cosa ci fai tu qui?» trovai la forza di domandare, tagliando il freddo pungente della notte. 

Lei alzò le spalle, evidenziando la costosa pelliccia del cappotto invernale indossato «Sono venuta a prendere la mia bambina»

«Eaton è...»

«Eaton non è più a tuo servizio, Lilly. Ho dovuto fare dei tagli e quanto pare il tuo personale è stato il primo a capitarmi a tiro»

Osservai Mark al posto del guidatore.
Indossava un elegante smoking blu, contornato dal costoso orologio regalatogli da mamma lo scorso Natale.

«Da domani si occuperà personalmente il mio autista di te. I tempi sono cambiati»

«Ho una vita oltre a quello che decidi tu»

«Oh, lo so bene! Com'è stato farti scopare negli spogliatoi da un ragazzetto da quattro soldi? Abbastanza eccitante per te?» sussultai a quelle parole, indietreggiando. Il mio corpo aveva iniziato a muoversi da solo, sperando di riuscire a scappare il prima possibile.

Volevo tornare da Evan, peccato la porta apribile solo dall'interno dell'edificio.

Ero fregata.

«Sali in macchina, Kathlyn. Il van per gli Hampton parte tra meno di un'ora»

«No»

«Come scusa?»

«Ho detto no. Puoi partire da sola, quest'anno non sarò compresa nei vostri piani per il Ringraziamento»

«Giusto per sapere, quando ti ho lasciato libera scelta sull'argomento?» la schiena di mamma si staccò dalla lamiera dell'auto.
I tacchi alti fecero si che l'asfalto scricchiolasse al suo passaggio e le luci del parcheggio illuminarono il suo volto severo.

Un rossetto rosso sangue sulle labbra. Due enormi perle ai lobi.
Un cappotto scuro a coprirle il corpo atletico.

Un diavolo vestito Valentino.

«Puoi controllare i miei soldi, non la mia vita. Sono stata al tuo servizio per tutta la mia esistenza senza battere ciglio; sono tua figlia non la tua schiava»

«Senza di me non saresti nessuno» la sua mano raggiunse una ciocca dei miei capelli biondi, l'accarezzò dolcemente, rigirandosela subito dopo tra le dita magre «Credi davvero che quel giocatore ti avrebbe mai notato se non fossi stata quello che sei oggi? Credi di essere tanto speciale da poter conquistare Evan Walker anche senza il tuo bel faccino e la tua carriera?»

«Non sono solo un bel faccino»

«E allora cosa sei?» mi rispose lei, senza lasciarmi il
tempo di aprire bocca «Per il mondo sei mia figlia e sei la sorella di Madison. Sei la nostra creazione e questo non cambierà»

Con un strattone ai miei capelli fece si che il mio volto si avvicinasse al suo «Ti avevo avvertito Kathlyn. Non ti ho educato così, con me non funziona fare la bambina cattiva»

«Amore! Siamo tardi, andiamo» entrambe guardammo Mark scendere dall'automobile. Si appoggiò alla portiera aperta, aspettando una risposta da mia madre.

«Arrivo tesoro!»

I suoi occhi tornarono su di me più cattivi di prima.
Una madre non dovrebbe guardare così la propria figlia pensai, reprimendo ogni emozione.

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